Dopo l’Fbi è il presidente Donald Trump a commentare quanto avvenuto in Turchia, con la “guerra diplomatica” che è sul punto di esplodere con l’Arabia Saudita: «Non so se Jamal Khashoggi sia vivo e non so se i sauditi siano responsabili della sua scomparsa», spiega ai cronisti il tycoon prima di precisare che «bisogna scoprire subito cosa sia successo, non possiamo lasciare che una cosa così succeda a un giornalista o a qualcun altro. Arabia Saudita chiarisca subito». La fidanzata del giornalista scomparso e, purtroppo, molto probabilmente ucciso nel consolato saudita, in un pezzo sul WSP ha chiesto ufficialmente al presidente «Trump e alla first lady Melania Trump di aiutare a far luce sulla scomparsa di Jamal». Tra i vari analisi che in queste ore stanno cercando di trovare un motivo valido per cui Riad possa essersi esposta fino a tal punto per eliminare il giornalista, quella che convince maggiormente è la sostanziale “popolarità” che Khashoggi ha visto accresciuta con la sua posizione di opinion maker sul Washington Post. Come sottolinea l’Agi, «era da tempo una voce fuori dal coro alla corte dell’uomo forte saudita, il principe ereditario Mohamed bin Salman. Considerato finora un esponente del movimento riformista di una delle monarchie più rigide del mondo musulmano».
USA INVIA L’FBI, “RIAD CI OSTACOLA”
Il presunto scoop del New York Times a proposito della sorte di Jama Khashoggi, il giornalista saudita scomparso da giorni e che sarebbe stato ucciso e poi fatto a pezzi nell’ambasciata del suo Paese in Turchia, ha fatto alzare il livello della tensione tra Washington e Riad: al momento, un video sembrerebbe incastrare le autorità dello Stato arabo, da tempo ostili all’attività del giornalista e che potrebbero aver architettato un piano per farlo sparire dalla circolazione. Tuttavia, dall’ambasciata saudita si fa sapere che sono pronti a qualsiasi tipo di ispezioni a negli USA si lamentano invece i ritardi e gli ostacoli che la polizia turca sta trovando nel corso dell’indagine sulla scomparsa di Khashoggi. Anche per questo motivo, da Washington sono pronti a inviare un team dell’FBI per fare luce su quello che, secondo alcuni, sarebbe un caso di omicidio che era nato come un tentativo di riportare con la forza in patria il giornalista dissidente, prima che la situazione precipitasse. Inoltre, i funzionari dell’ambasciata di Riad in Turchia sarebbero ai ferri corti anche con le autorità di polizia de Paese di Erdogan, dopo uno scambio di accuse sui media turchi per i quali i sauditi sono stati individuati subito come i responsabili del caso e alcuni 007 appellati “squadroni della morte”. (agg. R. G. Flore)
UN VIDEO PUO’ INCASTRARE L’ARABIA SAUDITA
Un video, alla fine, potrebbe incastrare il governo dell’Arabia Saudita nella scomparsa e ormai quasi certa uccisione del giornalista anti-regime: la televisione turca ha trasmesso in giornata tutti i filmati delle telecamere di sicurezza vicino al consolato. Sono infatti presenti tutti gli spostamenti dei 15 emissari del governo di Riad che sarebbero responsabili dell’operazione che mette in imbarazzo l’Arabia, sotto le pressanti accuse di Erdogan: Khashoggi si vede entrare nell’ambasciata, ma mai uscire a differenza di quanto sostiene il console saudita. Invece si vedono tutti gli spostamenti sospetti con tanto di van neri parcheggiati fuori dal consolato gli 007 presumibilmente sauditi, poi ricomparsi poche ore dopo all’aeroporto per far ritorno a Riad. «Un’operazione rapida e complessa in cui Khashoggi è stato ucciso nel giro di due ore dal suo arrivo al consolato da una squadra di agenti sauditi, che ha smembrato il suo corpo con una sega ossa portata appositamente», spiega un alto funzionario della sicurezza turca, intervistato dal New York Times. Per ora l’Arabia Saudita continua a negare ma le ore passano e la possibilità che Khashoggi sia ancora vivo diminuiscono sempre più drasticamente. QUI IL VIDEO DELLA TV TURCA CHE INCASTRA RIAD
MEDIA TURCHI RIVELANO I NOMI DEL PRESUNTO “SQUADRONE DELLA MORTE”
A parziale conferma della versione choc fornita oggi dal New York Times ci sarebbe un dettaglio alquanto importante: pare che il Consolato saudita di Istanbul abbia chiesto ai 28 impiegati turchi di non presentarsi il 2 ottobre scorso in ufficio, proprio il giorno della scomparsa di Khashoggi: secondo le autorità di Riad avrebbe motivato la decisione spiegando che era previsto «un importante incontro diplomatico», come riporta il quotidiano turco Hurriyet. Addirittura sul giornale Sabah, vicino al governo di Erdogan, oggi appaiono i nomi dei presunti assassino sauditi che avrebbero ucciso e fatto a pezzi il reporter critico del regime di Riad: «uno squadrone della morte», viene definito dai giornalisti turchi, che riportano immagini e video degli ultimi movimenti degli 007 sauditi tra l’aeroporto, il Consolato e due hotel dove risiedevano.
NYT: “UCCISO E FATTO A PEZZI COME IN PULP FICTION”
L’ipotesi fatta dal New York Times è di quelle inquietanti e clamorose e prevede la fine amarissima per l’esistenza del giornalista saudita: «Jamal Khashoggi sarebbe stato assassinato nel consolato del suo Paese a Istanbul per ordine dei più alti livelli della corte reale di Riad». Non solo, secondo le fonti citate dall’autorevole quotidiano americano, l’operazione degli 007 ha previsto – invece che il rapimento come ipotizzavano ieri i media turchi – l’uccisione e lo smembramento con una sega del corpo del reporter. «Sarebbe stato fatto a pezzi come nel film Pulp Fiction e i suoi resti sarebbero quindi stati portati fuori e nascosti dentro un minivan nero»: non vi sono al momento elementi di prova certi, ma il mistero attorno alla scomparsa del giornalista dà adito a ipotesi sempre più numerose e purtroppo tutte piuttosto tragiche. Ovviamente l’Arabia Saudita respinge ogni accusa ma i rapporti tra Istanbul, Whashington e Riad rischiano di inclinarsi per una storia tanto clamorosa quanto “misteriosa” specie per le possibili nefaste conseguenze diplomatiche di un caso del genere, oltre alla drammatica perdita di una vita umana.
IL MISTERO SULLA SCOMPARSA DI JAMAL KHASHOGGI
Il caso di Jamal Khashoggi purtroppo è tutt’altro che risolto: giornalista critico del Governo di Arabia Saudita, scomparso nel nulla martedì scorso dopo esser stato visto l’ultima volta entrare nella ambasciata di Riad per “documenti relativi al divorzio”. «Le autorità saudite hanno dichiarato di essere aperte alla cooperazione e che un’ispezione nell’edificio del Consolato può essere effettuata»: così dopo una settimana dalla scomparsa del giornalista il Governo di Riad apre alle autorità di Istanbul per poter farsi ispezionare e smentire le accuse piovute da Erdogan contro il possibile «omicidio del giornalista scomodo». Secondo la nota del portavoce del Ministero Esteri turco, l’indagine prosegue in modo intenso, sottolineando come «sin dal giorno dell’incidente gli sviluppi vengono monitorati dalle autorità giudiziarie, di sicurezza e di intelligence». Il mistero resta tutt’altro che di semplice lettura, con le difficili e complesse relazioni internazionali tra Arabia Saudita, Turchia e giornalisti assai critici con le operazioni spesso poco “chiare” dei rispettivi governi.
L’IPOTESI DEI MEDIA TURCHI: “GIORNALISTA SEQUESTRATO DA 007 DI RIAD”
Oggi il Washington Post ha pubblicato l’ultima immagine delle telecamere di videosorveglianza che riprende Khashoggi entrare a Istanbul, martedì scorso, dentro l’ambasciata di Riad: gli stessi familiari del giornalista hanno invitato gli organi di stampa a “non politicizzare il caso” e hanno affermato di essere in costante contatto con le autorità di Riad. Intanto però emerge un’ipotesi dei media turchi che potrebbe raccontare un’altra verità rispetto al presunto omicidio politico con mandante in Arabia Saudita: il quotidiano filo-governativo turco Sabah, che cita fonti di intelligence, spiega che il reporter potrebbe essere stato rapito dagli 007 di Riad su di un Minivan Mercedes Vito dei 6 usciti dalla rappresentanza diplomatica circa due ore e mezza dopo il suo arrivo. A quel punto sarebbe stato trasportato fino all’aeroporto Ataturk – probabilmente drogato o narcotizzato – e da lì portato in patria con un jet Gulfstream IV con cui 15 agenti e funzionari dei servizi sauditi erano giunti la notte prima a Istanbul. Riad definisce questa ricostruzione però «senza fondamento», rimandando al mittente (di fatto, Erdogan) le accuse sul rapimento del noto giornalista saudita.