L'Unione Europea, svendendo sovranità e futuro agli USA con dazi, 750 mld di energia e aumento spesa NATO, si condanna a un declino irreversibile

I destini dell’Europa si sono saldati in un patto di sottomissione. I recenti accordi con gli Stati Uniti non sono il frutto di un’alleanza paritaria, ma il prezzo amaro di una disperata debolezza. Debolezza che noi europei abbiamo coltivato negli anni, pensando che la storia fosse finita. Di fronte a un’America volubile, l’Europa ha scelto la via della resa, scambiando la propria dignità economica con la labile promessa di una sicurezza che forse non arriverà mai.



Quel che si è palesato non è una mossa strategica, ma il primo atto di una tragedia annunciata. Quel che viene spacciato per un accordo commerciale è in realtà una catena. Per evitare il baratro di una guerra commerciale totale, l’Unione Europea ha accettato una pace che ha il sapore di una sconfitta clamorosa. I dazi del 15% imposti su beni vitali come le nostre automobili, il nostro vino e i nostri macchinari non sono un compromesso, ma un’umiliazione. Nel frattempo, i prodotti americani entrano quasi indisturbati, in una disparità che rivela la cruda verità: l’Europa non ha negoziato, ha ceduto.



Non si tratta solo di cifre, ma di un colpo al cuore della nostra sovranità economica, un segnale che le nostre industrie possono essere sacrificate sull’altare di un’alleanza che non ci riconosce più come pari, o forse non lo ha mai fatto.

Donald Trump, Presidente USA al vertice con Netanyahu alla Casa Bianca (ANSA-EPA 2025)

Ma il segno più nero di questa capitolazione è l’impegno energetico. L’Europa, prostrata, ha promesso di acquistare dagli Stati Uniti una cifra da capogiro: 750 miliardi di dollari di energia in soli tre anni. Un’impresa folle, quasi un atto di fede cieca, se si pensa che nel 2024 le importazioni totali di energia dagli USA ammontavano a malapena a 70 miliardi di dollari. Non è un affare, è un salasso, un vincolo che ipoteca il nostro futuro energetico per un’alleanza che poggia su fondamenta di sabbia.



Questa scelta ci lega mani e piedi a un partner imprevedibile, minacciando al contempo i nostri sforzi per una transizione ecologica e costringendoci a dipendere da combustibili fossili americani invece di investire in un’autonomia sostenibile.

Il quadro si fa ancora più cupo con il nuovo obiettivo di spesa per la difesa NATO. Per un’altra pacca sulla spalla del presidente americano, gli alleati europei hanno accettato di aumentare la spesa a un insostenibile 5% del PIL entro il 2035. Un obiettivo da fantascienza per economie già in affanno e che rischia di spaccare l’Unione, con Paesi come la Spagna che già alzano le barricate.

Questa promessa è destinata a fallire, creando nuove frizioni, nuove recriminazioni e una spaccatura ancora più profonda quando l’Europa non riuscirà a rispettare i patti. Questa strategia è, nella sua essenza, un autogol spettacolare. Invece di costruire una difesa autonoma, di diventare finalmente adulti, preferiamo pagare un pizzo sempre più alto per un ombrello di sicurezza americano che sappiamo essere volubile e precario.

La nostra speranza è legata a un uomo che in un’alleanza vede solo una “truffa” e un tornaconto personale. Il costo di questa disperata sottomissione non è solo economico, ma è la perdita della nostra indipendenza e della nostra unità. L’Europa ha scelto di percorrere una strada che, nel breve termine, può sembrare sicura, ma che a lungo andare la condurrà in un vicolo cieco, divisa e vulnerabile, incapace di definire il proprio destino.

Il futuro che ci attende è un’ombra lunga, fatta di incertezze e di una fragile pace che si regge su promesse vuote e concessioni dolorose. Sacrificando la propria coesione politica ed economica, l’Europa sta minando le fondamenta della propria stessa esistenza.

La scommessa è che il presidente americano rimanga soddisfatto, ma in un mondo dove la lealtà è un concetto antiquato, la vera prova sarà se, alla fine, all’Europa rimarrà qualcosa di sé per cui valga ancora la pena lottare.