I segretari generali di Fim, Fiom, Uilm e Ugl, rispettivamente Roberto Benaglia, Michele De Palma, Rocco Palombella e Giovanni Antonio Spera, sono stati convocati per mercoledì 27 settembre a Palazzo Chigi dal sottosegretario Alfredo Mantovano “per un incontro con una delegazione governativa sulla situazione delle Acciaierie d’Italia, ex Ilva”. La convocazione precede di un giorno uno sciopero già fissato a Taranto, previsto appunto per il 28 settembre. Cosa sta succedendo? Gli impianti dello stabilimento sono a rischio spegnimento definitivo se non ci sarà un intervento del governo e mancano i soldi per la decarbonizzazione prevista dal 2026.
Nella ‘querelle’ si inserisce il deputato del Pd Ubaldo Pagano: “Tutto il sistema produttivo e lavorativo dell’ex Ilva è vicino al collasso. Migliaia di lavoratori e decine di imprese rischiano la chiusura, con ripercussioni sociali ed economiche inimmaginabili per il territorio.” Lo stesso ha anche aggiunto: “Ad oggi nessun piano industriale, nessuna strategia per la tutela occupazionale, nessun investimento da parte di questo Governo. Tutti quanti continuano a chiedersi perché lo Stato non impieghi le risorse che servono per prendere il controllo dell’azienda invece di continuare a regalare soldi a un gestore privato.”
EX ILVA, “INVESTIMENTI PER NON FERMARE FABBRICA”
La situazione descritta è drammatica. A rischio sono i lavoratori e le aziende che ruotano intorno all’ex Ilva. Il Governo dovrà trovare investimenti per non fermare definitivamente l’impianto di Taranto, accelerando sull’ingresso dello Stato come socio maggioritario nella gestione della stessa. Al grido d’allarme generale intanto fa eco anche Franco Bernabè, presidente di Acciaierie Italia, il quale, come riporta La Stampa, avverte: “Il tempo è scaduto, o quello che ci resta è brevissimo. Dal 2026 partirà il decalage previsto dall’Unione europea sulla gratuità dei certificati verdi che Acciaierie d’Italia deve possedere per produrre con gli attuali impianti. Se non avremo decarbonizzato Taranto, dovremo acquistare i certificati verdi e questo significherà andare fuori mercato. Il nostro piano di decarbonizzazione era tarato sul decalage dei certificati verdi, ma ormai è un piano di un anno e mezzo fa. So che il ministro Fitto sta lavorando con ArcelorMittal, ma c’è urgenza di agire.”
A questo si aggiunge anche una situazione resa ancora più gravosa dal fatto che la produzione è ai minimi termini e la manutenzione, come più volte denunciato, non riesce a sopperire alle esigenze dello stabilimento, perché non vengono acquistati i ricambi necessari. Ma, mentre i dipendenti (circa 150) stanno subendo da anni la cassa integrazione sembra che l’azienda voglia assumere personale nel reparto vigilanza anziché attingere da risorse interne. Insomma l’ex Ilva sta attraversando uno dei periodi più bui.