Nel 2° trimestre del 2025 crescono i fallimenti delle imprese italiane, con evidenti criticità nella normativa che salverebbe dalla "crisi d'impresa".

Dopo un periodo di stallo, i fallimenti registrati dalle imprese italiane hanno ripreso a crescere. I dati in questione risultano essere aggiornati ad oggi, dunque la criticità è emersa prendendo in esame il 2° trimestre di questo nuovo anno.

Lo studio è stato condotto da CRIBIS, che non è altro che una parte del CRIF, la società specializzata in crediti finanziari. Le aziende coinvolte nella liquidazione giudiziale sono complessivamente 2.712. Rispetto all’anno scorso il numero è cresciuto del 18%.



Crescono i fallimenti delle imprese italiane

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Anche se i fallimenti delle imprese italiane non hanno ancora raggiunto gli stessi livelli del periodo di pandemia da Covid-19, la percentuale preoccupa in quanto è in crescita. Un po’ di mesi fa erano emerse delle criticità settoriali suddivise per Regioni, ma ora qual è il problema più importante?



Prima di approfondire quali sono le categorie imprenditoriali in crisi, è di estrema importanza rapportare il gap rispetto a due anni fa: nel semestre del 2025 risultano più fallimenti (pari al +33%) rispetto allo stesso periodo del 2023.

Ma le procedure di fallimento crescono anche a distanza di pochi mesi, com’è accaduto quest’anno al settore del commercio, che dalle precedenti 713 istanze dopo 3 mesi le stesse sono diventate 826. Una situazione simile si è verificata anche per i servizi (l’aumento è stato più lieve, da 555 a 597).

L’instabilità aumenta nell’edilizia, dove invece il 1° primo trimestre ha segnato 493 chiusure a fronte delle 600 odierne.



L’allarme da non sottovalutare

L’amministratore delegato di CRIBIS, ovvero Marco Preti, ha parlato dei dati analizzati e ha specificato quanto le aziende stiano arrancando a causa dell’inflazione e della crisi economica di questa era. A peggiorare l’intero contesto sono i nuovi dazi voluti da Trump.

Sicuramente le aziende che soffriranno maggiormente sono quelle che commercializzano con il mercato internazionale, e questo indifferentemente dal prodotto venduto ed esportato.

Per fortuna da quando nel 2022 è stato istituito il Codice della Crisi d’Impresa le aziende hanno cercato di sfruttarlo al massimo delle sue potenzialità per limitare il fallimento giudiziale. Ad oggi mancano indubbiamente delle normative più rigide e cautelari, che avrebbero potuto “salvare” tanti imprenditori.