«L’ultimo dei comunisti? Speriamo di no, di non essere l’ultimo»: così ha esordito Fausto Bertinotti ai microfoni de L’aria che tira. Dopo aver nuovamente commentato gli attacchi di Romano Prodi – «Prodi è ancora ossessionato da me, mi pare proprio di sì: evidentemente ha un grande senso di colpa e spero che il tempo glielo lenisca» – l’ex sindacalista si è brevemente, davvero brevemente, soffermato sugli scontri all’interno del governo: «Metodo Salvini? Non ho capito cos’è, ma neanche sono molto interessato debbo dire».
Passando alla crisi economica, Fausto Bertinotti ha spiegato: «Non so se sono io ad essere impressionato da questo squilibrio, da questa schizofrenia: se parliamo di Recovery Plan tutti si spendono in grandi ottimismi sul futuro. Poi vediamo la realtà quotidiana, di lavoratori licenziati, di fabbriche chiuse e di impotenza generale: a me la parola che più mi ha impressionato è “siamo abbandonati”. Mi è capitato di fare molte vertenze ed occupazioni per salvare posti di lavoro, ho visto rabbia ma non abbandono».
Fausto Bertinotti ha poi rimarcato: «Oggi quando una fabbrica viene salvata, viene fatto dai lavoratori: ci sono più di 400 fabbriche che sarebbero state chiuse senza che i lavoratori prendessero l’iniziativa con indennità di liquidazione e prestiti così da gestire le fabbriche da soli. Questo squilibrio tra il domani delle magnifiche sorti progressive e la miseria drammatica dell’oggi chi lo colma, se non la politica? Io capisco che si possa dire che non ci sono gli strumenti, ma perché si è desertificato l’intervento pubblico».