Lorenzo Fioramonti ministro dell’Istruzione per fare un “favore”? Può succedere, in Italia. Anzi, è proprio quello che è successo, stando alle parole pronunciate dall’ex titolare del Miur in un’intervista a La Repubblica. Il docente ordinario di Economia e Politica all’Università di Pretoria ha infatti svelato – forse inconsapevolmente, siamo buoni – un retroscena che rischia di rappresentare un motivo d’imbarazzo per l’esecutivo da cui ha dato le dimissioni la sera di Natale. Queste le parole pronunciate da Fioramonti: “Mi proposero di fare il ministro delle Infrastrutture e risposi di no. Poi tornarono alla carica, avevano bisogno di una persona competente all’Istruzione. Me lo chiesero come un favore, si era a poche ore dalla presentazione della squadra“. Fioramonti usato come “tappabuchi”?
LORENZO FIORAMONTI: “IO MINISTRO PER FARE UN FAVORE”
Se la versione di Fioramonti fosse confermata (o non smentita), il governo Conte-bis – inteso come insieme del premier e dei partiti a suo sostegno – si troverebbe a dover rispondere di un fatto politico non marginale: aver costruito una squadra per il governo del Paese senza meditare più di tanto sulla personalità alla quale affidare un ministero più volte definito “strategico” come quello dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Gli sviluppi li conosciamo già: prima gli scontri derivati dalla proposta di Fioramonti di tassare merendine, bibite gassate e viaggi aerei. Derubricati dallo stesso ad “indice di un’ignoranza profonda. Il sistema fiscale è sempre un sistema di indirizzo, se no tutto sarebbe tassato allo stesso modo. Il fisco tiene in considerazione i bisogni, le priorità. La salute, naturalmente“. Poi il momento del patti chiari, amicizia lunga con Conte: “A Conte dissi subito che se per la scuola non avessi avuto almeno un miliardo in più mi sarei dimesso. Nel primo colloquio. Fui chiarissimo“. Dimissioni che, come sappiamo, sono arrivate puntuali. Un atto di coerenza, senza dubbio. Ma resta l’antefatto: l’aver accettato la conduzione del dicastero non all’interno di un quadro politico chiaro, bensì “come un favore“. O più semplicemente come un “tappabuchi“.