Il Museo Diocesano di Milano espone una retrospettiva di Elio Ciol ripercorrendo i 75 anni di carriera del grande fotografo friulano. Fino al 15 febbraio
Novantasei primavere e non dimostrarle. Da oggi al 15 febbraio al Museo Diocesano di Milano, presso i Chiostri di Sant’Eustorgio, una mostra retrospettiva ripercorre 75 anni di carriera del fotografo friulano, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, che curiosamente non aveva mai esposto a Milano prima d’ora. Un percorso in cento scatti, uno più emozionante dell’altro, dagli esordi nei primi anni 50 nel solco del neorealismo agli incontri che hanno segnato la sua evoluzione artistica e spirituale: con il conterraneo e amico Pier Paolo Pasolini, con l’altro friulano doc Padre David Maria Turoldo e poi con don Luigi Giussani e con Bill Congdon, artista con cui Ciol ha condiviso l’amore per la materia, la natura, la forma pura.
“Un contadino nomade” lo definisce Michele Smargiassi che ha curato l’ottimo apparato critico della mostra, e negli scatti di Ciol si percepisce l’attaccamento viscerale alla campagna friulana, ai volti e agli oggetti della civiltà contadina tanto cara anche a Pasolini, ma insieme la ricerca di un oltre, di una profondità sacrale nascosta dietro il segno fisico. Un “cercatore di segni”, è ancora di Smargiassi la definizione, che compie un percorso lungo una vita (e che vita!) alla ricerca del senso profondo delle cose che “tutte portano scritto più in là”, come recita l’indimenticabile verso di Montale.
La mostra è suddivisa in undici sezioni e prende avvio dalle fotografie del periodo neorealistico, nelle quali Ciol entra in rapporto con la vita quotidiana, con il mondo del lavoro, con i volti di fanciulli e di anziani sempre indagati con delicatezza e rispetto. Drammatici gli scatti di un fotoreportage a Longarone sui luoghi della tragedia del Vajont, che Ciol decise di non divulgare per rispetto ai defunti e ai loro familiari.
Distinguendosi dal neorealismo militante, Ciol rifugge dall’impegno politico e pone la sua attenzione al reale in tutte le sue declinazioni: la natura, le architetture, il paesaggio, ma soprattutto l’uomo nella sua vita quotidiana fatta di gesti, incontri, affetti, sguardi.
Con il tempo l’attrazione del sacro si fa evidente come nel ciclo di scatti realizzati ad Assisi, luogo della conversione di Congdon, e nella documentazione della vita della prima Gioventù Studentesca a fianco di don Giussani, conosciuto nel suo soggiorno milanese. Memorabili le sue foto (presenti in mostra) alla torre di Varigotti e quelle che documentano la caritativa della “Bassa” nei primi anni 60.
Ma Ciol è molto altro: curiosità e spirito di avventura lo hanno portato in giro per il mondo, dal Grand Canyon al deserto libico, dall’Armenia alla Terra Santa sempre con la sua fedele macchina fotografica al seguito e spesso insieme al suo e nostro grande amico Robi Ronza. “Una volta ad Accra – racconta Ronza – l’abbiamo scampata bella. Eravamo lì per Il Sabato a documentare la spaventosa carestia che colpì il Ghana nel 1983 e mentre Elio fotografava i banchi del mercato vuoti la folla affamata e inferocita ci circondò e solo l’intervento provvidenziale di un poliziotto ci salvò da un probabile linciaggio. Ricordo anche un viaggio in Armenia e Asia Centrale da cui Elio trasse centinaia di scatti meravigliosi che da soli varrebbero una mostra”.
“Fin da bambino – commenta il figlio Stefano, curatore della mostra e autore del volume Elio Ciol. Sguardi e silenzi (Dario Cimorelli, 2025) – sono cresciuto circondato da queste fotografie che suscitavano in me un po’ di fastidio ma al tempo stesso un grande interesse. Forse è per questo che ho deciso di fare anch’io il fotografo pur consapevole che il cognome che porto è piuttosto ‘ingombrante’. Frutto di questa straordinaria carriera è un patrimonio di migliaia di foto che l’artista – ci dice il figlio – ha deciso di donare al suo comune natale, Casarsa della Delizia, che ne farà un’esposizione permanente.
“La mostra di Ciol – sottolinea Nadia Righi, direttrice del Museo Diocesano – si inserisce in un ciclo di retrospettive di grandi fotografi italiani come quella di Mario De Biasi nel 2023 e di Giovanni Chiaramonte l’anno scorso. Un segno dell’attenzione del museo a tutte le forme di arte che con mezzi espressivi diversi approfondiscano il rapporto tra creatività e senso del sacro”.
info su: www.chiostrisanteustorgio.it
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