Francesco Acerbi si racconta: in un’intervista concessa a L’Ultimo Uomo il difensore della Lazio ha ripercorso le tappe più importanti della sua carriera. Un percorso importante e interessante, quello di un centrale che si è affermato nella Reggina e che ha sprecato la grande occasione della vita, la chiamata del Milan; che poi è stato colpito da una malattia (un tumore) e lo ha sconfitto, letteralmente rinascendo a seguito di quell’esperienza. Sono le stesse parole di Acerbi, che già in passato aveva affrontato questi temi, a descrivere questi anni: i problemi di alcool che avrebbero potuto condizionare la carriera (“stavo fuori fino alle 7 del mattino, spesso arrivavo al campo alticcio, io esageravo e non avevo rispetto per me”) e quello che al Milan non ha funzionato: non tanto la paura di non farcela, il livello troppo elevato per quel momento o altro, quanto una sensazione di vuoto dentro. “Non me ne fregava niente” dice Acerbi, che racconta anche di come la società gli avesse preso casa a Gallarate perché cosciente dei suoi problemi. Al Chievo, il difensore voleva smettere: racconta delle telefonate alla madre che “non sapeva bene cosa rispondermi”, parla di come si confidasse con l’amico e compagno di squadra Alberto Paloschi che gli diceva di tenere duro. Sarebbe potuta finire lì, invece è successo altro.
FRANCESCO ACERBI SI RACCONTA: LA MALATTIA
A quel punto, Francesco Acerbi è stato colpito dalla malattia. Dice, senza dubbi, che “Qualcuno lassù mi ha voluto bene e me l’ha mandata, ringrazio il Signore”: inizialmente il difensore non si comportava come un professionista ma poi qualcosa è scattata, prorio quando iniziava a chiedersi perché il tumore non lo cambiasse. “Mi sono accorto che la sera uscivo e non avevo così voglia di bere, ne sentivo poco il bisogno”; a ogni bicchiere di birra o vino ne faceva seguire uno d’acqua come se, parole sue, sentisse la necessità di depurarsi. Sconfitto il male, oggi Acerbi è una delle colonne portanti di una Lazio che sta sognando un incredibile scudetto ma non si sente arrivato: “Se così fosse, vorrebbe dire sedersi. Io penso a migliorarmi giorno dopo giorno, il mio punto d’arrivo sarà quando smetterò e poi si vedrà”. Acerbi ha anche raccontato di aver avuto un periodo in cui aveva paura di tutto: “Pensavo alle preoccupazioni date ai mei, alle occasioni buttate, agli anni sprecati”. E a quel punto è iniziato un percorso che lo ha portato a migliorare come uomo. “Senza la malattia sarei finito a fare una carriera in Serie B o magari avrei smesso”. E’ andata diversamente: anche degli imprevisti negativi possono essere occasione di rinascita e riscoperta, Acerbi ne è la dimostrazione.