Fumo, medici all'ottavo Summit Tobacco Harm Reduction: dispositivi alternativi riducono danni e aiutano a smettere, la prevenzione passa anche da loro
La riduzione del danno causato dal tabacco non è più un tema marginale, ma un elemento che deve affiancare con pari importanza la prevenzione e i programmi di cessazione nelle politiche di salute pubblica. Questo è il messaggio forte lanciato dall’ottava edizione del Summit on Tobacco Harm Reduction, organizzato da Schore ad Atene, che ha visto confrontarsi 200 esperti.
Sebbene smettere del tutto di fumare resti l’obiettivo principale, gli scienziati avvertono che non si può trascurare chi non riesce a liberarsi dalla dipendenza. Per queste persone esistono strumenti alternativi che, pur non essendo privi di rischi, riducono in modo significativo l’esposizione alle sostanze nocive delle sigarette tradizionali.
Tra questi figurano sigarette elettroniche, prodotti a tabacco riscaldato e bustine di nicotina, già sottoposti a regole precise e ritenuti opzioni con un profilo di rischio più contenuto. A supporto di questa strategia non ci sono solo studi scientifici, che mostrano come le e-cig possano risultare perfino più efficaci dei farmaci nel favorire la disassuefazione, ma anche esempi reali.
Per gli esperti è la dimostrazione che la riduzione del danno funziona davvero e che dovrebbe essere la scienza a guidare le politiche, non l’ideologia. Invece, in Italia, nonostante le tante ricerche del CoEHAR (centro di eccellenza di Catania per la riduzione del danno), le istituzioni non hanno ancora adottato pienamente queste strategie.
IL PROGETTO ITALIANO CONSENSUS DELPHI
Un contributo rilevante in questo campo arriva dall’Italia con il progetto di Consensus Delphi, illustrato da Pasquale Caponnetto, docente di Psicologia clinica presso l’Università di Catania e coordinatore dello studio. Per la prima volta in Italia è stata utilizzata la metodologia Delphi per raccogliere le opinioni di un panel di esperti sul tema della riduzione del rischio da tabacco.
Il metodo Delphi è una tecnica che prevede più fasi di confronto per raggiungere un consenso condiviso. Le conclusioni sono chiare: i medici concordano che la priorità assoluta resti evitare l’avvio al fumo e incentivare la cessazione, ma i nuovi prodotti senza combustione sono riconosciuti come un’alternativa meno nociva.
Durante il Summit è intervenuto anche il cardiologo Francesco Fedele, che ha richiamato i risultati di diversi studi: i prodotti a tabacco riscaldato riducono l’esposizione a sostanze tossiche rispetto alle sigarette convenzionali. Sebbene sia necessario continuare a raccogliere dati a lungo termine, le evidenze già disponibili mostrano un potenziale concreto nella riduzione dei danni, soprattutto per pazienti con patologie cardiache che non riescono a smettere.
Le evidenze cliniche sono importanti: l’esperto cita effetti incoraggianti a medio termine sul cuore e sull’apparato respiratorio. Ad esempio, uno studio coreano dell’anno scorso ha dimostrato che i pazienti sottoposti ad angioplastica che hanno smesso le sigarette per passare a dispositivi a rischio ridotto hanno avuto meno eventi cardiovascolari. Ma c’è anche una ricerca in corso in Italia: l’Istituto Nazionale di Ricerche Cardiovascolari (INRC) sta studiando l’impatto del fumo tradizionale rispetto ai prodotti senza combustione in persone con malattie vascolari agli arti inferiori.
FUMO E RIDUZIONE DEL DANNO, COSA CHIEDONO GLI ESPERTI
Nel nostro Paese, dove fuma ancora circa il 23% dei cittadini – percentuale che non accenna a scendere – appare evidente che le politiche adottate finora non siano sufficienti. Da qui l’appello a un cambio di paradigma: serve una collaborazione stretta tra comunità scientifica e istituzioni per integrare prevenzione, cessazione e riduzione del danno in una strategia più ampia ed efficace.
Dunque, il vertice internazionale ha ribadito che la lotta al fumo non può basarsi solo su divieti e prevenzione: serve un approccio pragmatico che includa i prodotti alternativi regolamentati, guidato da prove scientifiche e non da ideologie, con attenzione speciale ai giovani, ai costi sanitari ed economici, e alla corretta informazione. La scienza ha dato segnali positivi, ma servono anche ricerche a lungo termine, formazione dei medici, superare pregiudizi ideologici e collaborazione con istituzioni nazionali ed europee.