Gaza, spuntano i piani per il dopo guerra: GHF lavora ad "aree di transito", ma c'è anche il presunto progetto dello staff di Tony Blair per la "Riviera"
La stessa organizzazione che si occupa di distribuire gli aiuti nella Striscia di Gaza avrebbe sviluppato un piano per trasferire i palestinesi. Stando a quanto riportato da Reuters, la Gaza Humanitarian Foundation (GHF) propone “aree di transito umanitario” all’interno – e possibilmente all’esterno – della Striscia, per togliere il controllo di Hamas alla popolazione di Gaza.
Il piano da 2 miliardi di dollari sarebbe stato sviluppato dopo febbraio e presentato recentemente all’amministrazione Trump. I campi, descritti come “volontari“, consentirebbero ai palestinesi di “risiedere temporaneamente, deradicalizzarsi, reintegrarsi e prepararsi a trasferirsi, se lo desiderano“. Ma non è chiaro, al momento, a che punto sia questo piano, chi l’abbia creato e presentato o se sia ancora in esame.
Il gruppo umanitario ha negato di aver presentato questa proposta e ha preso le distanze dal documento visionato da Reuters, precisando di aver studiato solo “una serie di opzioni teoriche per consegnare in sicurezza gli aiuti a Gaza“, negando di star “pianificando o implementando aree di transito umanitario“.
GHF NEGA DI AVER SVILUPPATO PIANO PER GAZA
La Gaza Humanitarian Foundation ha ribadito di essere concentrata esclusivamente sulla distribuzione di cibo a Gaza, mentre un alto funzionario dell’amministrazione americana ha dichiarato che “nulla di simile è in esame“. Però la fonte ha riferito a Reuters che il GHF sarebbe al lavoro per assicurarsi oltre 2 miliardi di dollari per il progetto.
Due fonti coinvolte in questo progetto sostengono che le aree di transito umanitario rappresenterebbero la fase successiva di un’operazione iniziata con l’apertura, da parte del GHF, di siti di distribuzione di cibo nell’enclave a fine maggio.
La proposta, però, non chiarisce come i palestinesi verrebbero trasferiti nei campi, o dove i campi potrebbero essere costruiti al di fuori di Gaza, ma una mappa mostra frecce che puntano all’Egitto e a Cipro, oltre ad altri punti etichettati come possibili destinazioni aggiuntive.
IL PRESUNTO PROGETTO DEL TONY BLAIR INSTITUTE
Anche il Tony Blair Institute starebbe lavorando a un progetto per il dopoguerra a Gaza. Questo piano è stato visionato dal Financial Times, secondo cui è guidato da uomini d’affari israeliani e utilizza modelli finanziari sviluppati all’interno del Boston Consulting Group (BCG).
L’obiettivo, in questo caso, è rendere Gaza un fiorente polo commerciale. Anche questo progetto sarebbe stato presentato all’amministrazione Trump. L’idea è di pagare mezzo milione di palestinesi per lasciare l’area e di attirare investitori privati per sviluppare Gaza.
Anche se il Tony Blair Institute (TBI) non ha scritto né approvato il documento finale, due membri dello staff dell’istituto dell’ex primo ministro britannico hanno partecipato a gruppi di discussione e telefonate durante lo sviluppo del progetto, secondo quanto riferito da persone che hanno familiarità con il lavoro.
Ma l’istituto di Tony Blair ha poi smentito ogni coinvolgimento nella preparazione del documento, attribuendolo al Boston Consulting Group: lo avrebbe solo visionato, non creato. Quello visionato da Reuters e questo riportato dal Financial Times sono solo alcuni dei piani per il dopoguerra a Gaza che governi e gruppi indipendenti stanno elaborando da mesi.
