Già i ghiacciai del Polo Nord sono stati dichiarati a rischio scioglimento nei prossimi anni, allertando sul possibile impatto ambientale su tutto il pianeta. Ora anche quelli dell’Himalaya sembrerebbero risentire del cambiamento climatico, al punto da poter subìre un’accelerazione nello scioglimento oltre il previsto. È quanto apprendiamo su Le Monde. Il disastro ambientale è dietro l’angolo se pensiamo che i ghiacciai himalayani forniscono acqua a quasi due miliardi di persone. Preoccupante è il dato secondo cui si sono sciolti il 65% più velocemente dal 2011 al 2020 rispetto al decennio precedente, secondo un rapporto del Centro internazionale per lo sviluppo integrato della montagna (ICIMOD).
L’autore principale del rapporto Philippus Wester all’AFP ha denunciato non tanto l’evento in sé che era comunque prevedibile, quanto la velocità con cui il fenomeno si sta verificando. E se il trend non si dovesse arrestare i ghiacciai potrebbero perdere fino all’80% del loro volume attuale entro la fine del secolo. Queste sono le preoccupanti conclusioni di un imponente studio scientifico pubblicato lo scorso 20 giugno dal Centro internazionale per lo sviluppo integrato delle montagne (Icimod), un’organizzazione intergovernativa con sede a Kathmandu, in Nepal.
Scioglimento ghiacciai: emissioni gas serra ancora colpevoli
Ancora una volta le principali cause dello scioglimento dei ghiacciai vengono fatte risalire ad un cambiamento climatico a sua volta causato dalle emissioni di gas serra. La temperatura del pianeta sarebbe aumentata ormai di +3°C. Basterebbe un grado aggiuntivo per portare alla sparizione dell’80% dei ghiacciai. Di qui gli obiettivi dell’accordo di Parigi sul clima a riportare la temperatura entro i +2°C.
L’avanzare di questa situazione potrebbe anche causare sostanziali perdite economiche, potendo tra l’altro andare ad incidere anche sull’agricoltura che sostiene il 70% della popolazione stanziata nelle regioni montuose. La carenza d’acqua potrebbe colpire infatti le coltivazioni di riso, miglio, orzo e canna da zucchero su cui vive la popolazione. E se crollerà questo settore anche le comunità potrebbero essere costrette ad emigrare altrove, non potendo affrontare i costi delle perdite. Insomma, è in atto uno sfacelo che potrebbe assumere portata mondiale nel giro di una settantina d’anni se non si dovesse intervenire per salvare il pianeta.