Dopo i classici periodi tecnici di 90 giorni, la Corte d’Assise di Bologna ha pubblicato le 280 pagine che contengono le motivazioni della condanna all’ergastolo di Giampalo Amato per il duplice omicidio della moglie – la 62enne Isabella Linsalata – e della suocera – l’87enne Giulia Tateo – avvenuto nell’ormai lontano ottobre del 2021: un documento che contiene tutta una serie di considerazioni sulla figura dell’ex medico della Virtus e che parte dalla chiara e precisa constatazione che gli stessi giudici avrebbero “trovato difficile accettare che nella persona di Giampaolo Amato (..) si nascondesse un freddo e spietato assassino” per via dell’ampio numero di conoscenti che ne hanno speso parole positivi e per via del modo in cui si presenta alla società; ma a dirlo sono state le “inconfutabili prove assunte nel processo”.
Secondo i giudici dentro a Giampaolo Amato di nasconde “un lato oscuro” che l’ha sempre spinto a manipolare i fatti “alimentato da un’altissima considerazione di sé e dal senso di superiorità intellettuale” che nutre e che l’ha portato ad “alterare la realtà per i suoi scopi personali convincendosi” egli stesso di cose che “oggettivamente non [sono] vere”: per tutti questi anni non avrebbe mai mostrato un minimo senso di pentimento, cercando anzi di “falsificare (..) la memoria delle vittime” infangandola con racconti falsi e per questa ragione non gli va – secondo i giudici bolognesi – riconosciuta nessuna attenuante all’ergastolo.
Perché Giampaolo Amato ha ucciso moglie e suocera: “Doveva rimuovere gli ostacoli alla sua vita extraconiugale”
Ragionando sul movente e sui contorni del duplice omicidio, la Corte di Bologna spiega che Giampaolo Amato sarebbe stato “condizionamento dell’intero apparato familiare (..), dall’ambiente sociale e religioso” al punto da non riuscire a lasciare la moglie per rispettare la promesse fatte all’amante e come una decisione “estemporanea o improvvisa” ma al contempo “programmata da tempo” l’ex medico ha deciso di “rimuovere gli ostacoli che altrimenti gli avrebbero impedito di conservare il meglio della sua vita precedente”.
Da un lato – spiegano i giudici – “il ruolo genitoriale” che stava tanto a cuore a Giampaolo Amato e dall’altro “la sua storia d’amore” con l’amante, il tutto senza neppure perdere l’abitazione nelle quale viveva che era di proprietà della suocera: con un “ingannevole modus operandi” dunque l’ex medico ha somministrato ad entrambe le donne un mix di farmaci letali immaginando che la “tragica e inaspettata” morte avrebbe concesso la “possibilità di far accettare ai due figli la sua nuova vita sentimentale e (..) rimanere nello stabile (..) nel contesto sociale, relazionale e lavorativo” inalterato.