GIOVANNI LINDO FERRETTI/ “I miei eroi oggi sono Ratzinger e Giorgia Meloni”

- Paolo Vites

Chi è oggi Giovanni Lindo Ferretti, ex punk di sinistra e mito di una generazione

lindo ferretti 640x300 Giovanni Lindo Ferretti

Un mito, una leggenda per la musica punk italiana, per una intera generazione, quella degli anni 80, che era rimasta orfana delle utopie e delle ideologie degli anni 70. Un comunista, uno che sognava così tanto l’Unione Sovietica da chiamare il suo primo gruppo CCCP, la sigla in lettere russe della Russia stalinista e marxista. Ma anche un figlio di contadini cattolici di montagna, quella dell’Emilia Romagna, cresciuto col catechismo. Giovanni Lindo Ferretti è ancora un mito per tanti, dopo altre esperienze come i CSI e i PRG (Per Grazia Ricevuta) e nonostante la clamorosa conversione, anzi il ritorno, al cattolicesimo che ha lasciato spiazzati tutti. Fu papa Ratzinger a riportarlo alle radici, un papa che ama ancora oggi, dice in una intervista pubblicata da Rolling Stone Italia. Da allora vive in una sorta di ritiro: è tornato alla casa di montagna della sua famiglia che stava cadendo a pezzi, l’ha rimessa a posto, vive in un paesino di 70 abitanti quasi tutti anziani e si prende cura di due zii molto vecchi, quasi centenari. E’ scampato a un tumore ai polmoni ma fuma tantissimo. Vive una splendida solitudine come un monaco medievale anche se ogni tanto fa ancora dei concerti. Ed è di destra: vota Giorgia Meloni e ha sostenuto il candidato del centrodestra alle elezioni nella sua regione: “ Si vive un giorno dopo l’altro. Siccome sono vecchio e intorno a me ho dei vecchi, sono molto impegnato a far sì che i miei vecchi stiano bene. Ne ho uno di 94 e uno di 86 anni, mi fanno tribolare. Poi c’è il paese, che è la mia comunità, e abbiamo sempre qualche piccolo problema o enormi tristezze irrisolvibili da considerare”. Si può essere punkettoni e cattolici praticanti? gli chiede il giornalista: “Ci sono santi punkettoni da tutte le parti. San Filippo Neri, per esempio. Si era persino rasato i capelli a metà della testa, per dimostrare una idiosincrasia nei confronti del potere papale, di cui però alla fine era comunque succube, perché nessun prete può rifiutare il potere papale”.

UN REAZIONARIO DI MONTAGNA

Come tanti cattolici, rimpiange Ratzinger e non sopporta Bergoglio: “La rinuncia di Ratzinger l’ho percepita come un segnale orribile dei tempi. Che, per semplificare, ha significato la fine dell’Europa. Benedetto XVI è l’incarnazione dell’Europa e di una spinta per cercare di far pace con la componente russa-slava. Insomma, di un pontificato che potesse rimescolare le carte con il mondo ebraico e ortodosso. Lo considero la dimensione vivente della più grande cultura europea. La sua rinuncia, quindi, è stata come dire che l’Europa non esiste più”. La tua vicinanza a Giorgia Meloni riguarda la difesa della cultura cattolica? “Sono nato e cresciuto in una famiglia cattolica, reazionaria, ma da sempre antifascista. Non è mai entrata una ideologia del ventesimo secolo nei miei vecchi. Erano medioevali. Sono stato un giovane estremista di sinistra, poi un uomo di sinistra e fino a un certo punto non avevo mai conosciuto nessuno che la pensasse in modo diverso. Ho sempre ritenuto che la destra fosse il male, l’infamia. Alla fine di un lungo processo, faticoso e doloroso, ho scoperto che la sinistra non era tutto quel bene che raccontava in giro, che anche noi eravamo essere umani con dei difetti. Così ho guardato dall’altra parte, scoprendo che ci sono persone interessanti, capaci e lodevoli. Giorgia Meloni è una di queste”. Aggiunge: “Tra tutti, una di quelle che stimo di più. Mi piace il suo essere una giovane borgatara romana che si è costruita una dimensione politica perché lei, sì, è nata per la politica. Senza dimenticare che la politica è una buona occasione anche per far uscire il peggio di sé”. Non si preoccupa di cosa pensano i suoi vecchi fan, anche perché comunque i suoi concerti sono sempre affollati, e si definisce così: “Sono uno str… reazionario e intrattabile”.





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