I giovani del Giubileo di Roma non sono poi così diversi da quelli che corrono lungo la striscia di Gaza in cerca di cibo
C’è una stridente contraddizione tra il tema della Speranza, su cui è concentrato il Giubileo di questo anno santo, e le immagini drammatiche che la guerra, soprattutto dal fronte di Gaza, ci rimanda di giorno in giorno. Di quelle scene di distruzione diffusa, colpiscono soprattutto i gruppi di bambini che cercano di afferrare il cibo che piove dall’alto… anche quella è una forma di speranza, che però ha un prezzo altissimo.
Non di rado pagano con la vita la speranza di poter mangiare. Sono al tempo stesso vittime di un sistema perverso che sfrutta fame e povertà, e lottatori instancabili per ottenere ciò di cui hanno bisogno.
Non a caso c’è una diffusa convinzione che proprio loro, i giovani, siano la speranza per il futuro, con la loro energia, le loro idee e la loro capacità di lottare, fondamentale per affrontare le sfide e costruire un mondo migliore. Ma sappiamo anche che questa visione non sempre corrisponde alla realtà. Molti giovani, specialmente in Italia, si sentono sfiduciati e preoccupati per il loro futuro, e recentemente alcune ricerche hanno messo in evidenza una riduzione della speranza tra i giovani.
L’affermazione che “i giovani sono la speranza del futuro” è quindi un’affermazione potente, ma perché non restino parole vuote, deve essere accompagnata da azioni concrete per garantire ai giovani le indispensabili risorse e opportunità, necessarie per realizzare il loro potenziale e costruire un futuro migliore per tutti. In altri termini se i giovani sono la speranza del futuro, gli adulti hanno la responsabilità di essere speranza del presente, stringendo con loro un patto intergenerazionale forte e coraggioso.
Potremmo considerare la speranza un’opzione fondamentale, di cui non possiamo fare assolutamente a meno, ma che tutti dobbiamo imparare a vivere nelle circostanze concrete in cui siamo, senza facili nostalgie o inutili rimpianti, ma con la fermezza e la fortezza di chi sa che senza speranza non si vive affatto bene.
Il tema del futuro è come contribuire a creare condizioni di miglioramento per il ben-essere di tutte le persone, giovani, adulti e anziani; è una preoccupazione che da sempre investe tutte le generazioni in una proiezione di servizio che abbraccia le generazioni emergenti, e quelle più avanti negli anni.
Il Giubileo dei giovani ha rivelato una gioventù inattesa, capace di grandi slanci del cuore, con una energia fisica e una capacità di adattamento che la sottrae immediatamente a diagnosi impietose o a giudizi lapidari. È vero che l’attuale gioventù sembra schiacciata contestualmente da un decremento anagrafico, con nascite in calo vistoso, e dall’altro appare incalzata da un invecchiamento della popolazione che richiede a gran voce la necessità di ricambio generazionale.
Un tema particolarmente sentito in Europa e ancor più in Italia, perché il nuovo equilibrio da raggiungere è una sorta di scommessa per il nostro futuro, per la nostra civiltà democratica e perfino per il mantenimento delle condizioni economiche necessarie a soddisfare i bisogni di tutti.
Questo Giubileo ha portato a Roma oltre un milione di giovani, da tutto il mondo; pronti a dialogare tra di loro, ad aprirsi reciprocamente alla collaborazione, disponibili ad affrontare difficoltà e a superare ostacoli senza perdere il buon umore. È stato inevitabile tessere molte lodi, per il loro stile e il comportamento che hanno mostrato lungo le vie di Roma.
Un piccolo esercito di pace, all’insegna di una profonda unità radicata nei valori essenziali della fede e della amicizia. La speranza era anche quella vederli camminare sotto il sole, senza lamentarsi, in gruppi di 50, 100 persone, di varia provenienza, cercando di comunicare in un inglese impreciso, ma con i traduttori del cellulare in mano…
Anche questo ha dato un nuovo significato all’immancabile cellulare, che per una volta tanto invece di separarli contribuiva a creare ponti di dialogo e di intesa. Cantando e chiacchierando con la classica borraccia dell’acqua, ma nello stesso tempo capaci di testimoniare la loro fede, pregando, confessandosi, partecipando alla Santa Messa, tutto ha contribuito a mettere in evidenza insospettate virtù come la sobrietà, l’empatia e una rinnovata fraternità.
Niente a che vedere con l’immagine stereotipata di una gioventù impigrita, chiusa in se stessa, senza ideali e invariabilmente affetta da consumismo, individualismo e narcisismo… tutto sembra allontanare l’immagine di una generazione che fugge dalla responsabilità di costruire un mondo migliore, tenendo insieme le tante forme della loro intelligenza: umana, sociale, tecnica… Sono testimoni possibili di un futuro che sarà ricco di speranza, se gliene offriremo l’opportunità.
L’importante è che il Giubileo non sia considerato come un evento isolato, che tra 25 anni ci racconterà ancora come siamo cambiati. Indubbiamente è stato un avvenimento positivo a livello mondiale, come ormai se ne vedono pochissimi, ma accanto a tanti giovani, non possiamo dimenticare chi di questi giovani è stato guida, maestro e testimone.
Il sogno che ha fatto volare alto tutti loro, all’unisono, è stata l’aspirazione a salvare il mondo; non solo in una visione ecologico-ambientalista, ma nella prospettiva di riscoprire una nuova umanità, centrata sul destino eterno dell’uomo, sulla pace come missione specifica, e sulle esigenze di una Fede da cui non si può prescindere.
I giovani che percorrevano le vie di Roma per testimoniare la loro Fede e la loro Speranza, non sono poi così diversi dai giovani che corrono lungo la striscia di Gaza in cerca di cibo: entrambi i gruppi sono proiettati in avanti. Vogliono vivere e vogliono vivere spendendosi fino in fondo per realizzare i loro sogni e soddisfare le loro esigenze basilari.
Sono disposti a giocarsi la loro vita, ad affrontarne tutte le fatiche, pur di raggiungere la meta più importante: vivere per un ideale per cui valga la pena e farlo insieme, abbattendo steccati e saltando ostacoli. Con un perché che merita rispetto e collaborazione da parte di tutti gli adulti di buona volontà. Vivere non è sempre facile, ma chi lotta per vivere merita di non essere lasciato solo.
Ecco perché da Roma si è elevata incessante la preghiera per la pace e la speranza che tutti quei coetanei che non erano potuti venire a Roma, riescano a farlo quanto prima. In un clima di unità, di collaborazione, forti dei comuni valori e consapevoli che ciò che vale costa sempre fatica per potersi realizzare. Servono percorsi formativi esigenti e coraggiosi che coinvolgano le nuove generazioni, aiutandole a scoprire fino a che punto la vita sia un bene fortemente attrattivo se sappiamo scorgerne l’intrinseca bellezza.
Servono giovani competenti, motivati a investire sé stessi nel tempo della formazione per restituire sviluppo e innovazione al mondo intero. Siamo tutti pienamente consapevoli che l’istruzione è uno degli strumenti più rilevanti per favorire la crescita di tutti e di ognuno.
È la sfida più importante: investire nell’educazione e nell’istruzione per contrastare la povertà educativa, promuovere una formazione volta a rafforzare il senso di comunità e la responsabilità sociale. Serve ai giovani del Giubileo per dare chiarezza e concretezza ai loro progetti e serve ai giovani di Gaza, perché siano protagonisti della loro ricostruzione.
Nell’arco di un mese, o poco più la scuola e l’università torneranno a essere le due maggiori e migliori palestre per lo sviluppo dei giovani, ma servono percorsi più efficaci, per porre le basi necessarie ad ampliare le vedute dei giovani. Non si tratta solo di acquisire conoscenze tecniche, ma di dotarsi degli strumenti intellettuali, conoscitivi e relazionali, che permettono di sviluppare competenze trasversali e capacità di adattamento, indispensabili in un mondo in rapido cambiamento.
Un mondo però che esige risposte di senso: urge sapere rispondere alle domande sul perché, prima ancora di immergersi nelle domande sul come…
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