“Non c’è un grande complotto, c’è un grande debito”: perentorio Giulio Tremonti. L’economista, eletto con Fratelli d’Italia, ha fatto il punto sul dossier economia ai microfoni del Corriere della Sera e ha spiegato sull’ipotesi boicottaggio sventolata da qualcuno: “Tra l’altro, per certi versi la guerra ha prodotto effetti di stabilizzazione: dubito che una grande speculazione internazionale sia organizzata contro un Paese occidentale. Anzi, per quanto ne so, lo escluderei”. Il problema di oggi non è lo spread ma è il debito, ha rimarcato Tremonti: “Possiamo pure notare che lo spread, riferito al tasso tedesco, aveva più senso quando la Germania andava bene. Ma il problema resta il monstre del debito italiano”.
L’analisi di Tremonti
Tremonti è partito da lontano, dalla Prima Repubblica in pareggio di bilancio fino agli anni Settanta: “Poi il debito sale, in principio per giuste ragioni. Soltanto, poi tutto degenera e produce una democrazia del deficit che poi diventa deficit di democrazia. E segna la fine della Prima Repubblica”. Dopo la fase di riduzione del debito iniziata tra 1993 e 1994, dopo la crisi del 2008 ha toccato quota 117 per cento del prodotto: “Ma attenzione: non perché aumenta la spesa pubblica, ma perché viene meno il Pil. Dopo il debito sale in verticale. Ecco, quella crisi non è stata superata”. Tremonti ha aggiunto sul punto: “È stata semplicemente rinviata stampando moneta, passando dai billion ai trillion, finanziando con la Bce i debiti pubblici e andando contro le leggi di natura con i tassi sotto zero. Karl Marx diceva: i tassi a zero saranno la fine del capitalismo. E a volte ci prendeva. Fatto sta che inizia l’età felice dei Letta, Renzi, Gentiloni. Che galleggiano senza porsi il problema di risanare”. La soluzione non è un governo tecnico, ha proseguito l’economista: “Questo governo viene dopo un decennio di finanza scriteriata sia per ciò che è stato fatto che per ciò che non è stato fatto. Vuol dire che questo governo ha oggi enormi responsabilità. Ma sono convinto che avendo una grande forza parlamentare, abbia la possibilità di esprimere le politiche necessarie”.