L’Ufficio parlamentare di bilancio ha pubblicato un focus dal titolo “Analisi retrospettiva dell’accuratezza delle previsioni di finanza pubblica nei documenti programmatici: anni 2015-2022”. Le stime si basano su quattro elementi che scandiscono la vita di ogni esecutivo (Documento di Economia e Finanza e Nota Tecnica allegata alla legge di bilancio precedente e DEF e Nota relativi allo stesso anno) e mettono in evidenza quelli che possono essere gli “errori di previsione” sulla base del confronto con i dati di consuntivo rilasciati dall’Istat.
I Governi presi in considerazione nell’arco temporale di riferimento, come ricostruito da Libero Quotidiano, sono quelli di Renzi, Gentiloni, Conte I e II e Draghi. L’Upb sottolinea che complessivamente nel periodo 2015-19 “i risultati relativi all’indebitamento netto sono sostanzialmente in linea con gli obiettivi fissati nei documenti programmatici disposti a ridosso della presentazione delle leggi di bilancio, mentre si rileva uno scostamento maggiore nel DEF. Diversa la situazione per il periodo 2020-22, caratterizzato dalle crisi pandemica ed energetica, in cui gli scostamenti sono stati più evidenti ma comprensibili.
“Governi di Conte sbagliarono previsioni di finanza pubblica”, cosa dice l’analisi dell’Upb
L’analisi dell’Ufficio parlamentare di bilancio, come evidenzia ancora Libero Quotidiano, sembra in particolare “bacchettare” i Governi di Giuseppe Conte. “Analizzando gli scostamenti in valore assoluto anno per anno è possibile distinguere tra i primi tre anni e i secondi due”, si legge nel documento.
“Nei primi anni (quelli con Renzi prima e Gentiloni poi, ndr) le stime sul deficit sono risultate pressoché allineate ai risultati, anche se con compensazioni tra le due componenti del saldo complessivo. Nel biennio 2018-19 (con il Conte I) si sono verificati disallineamenti con, rispettivamente, sottostima e sovrastima del disavanzo rispetto ai consuntivi, dovuti, nel primo caso, a una sovrastima dell’avanzo primario accompagnata da una sottostima della spesa per interessi e, nel secondo caso, a una situazione inversa”. Il peggioramento congiunturale, secondo gli esperti, non sarebbe stato “pienamente colto”, portando anche a una “sovrastima delle entrate” e a una “sottostima delle uscite”. Se dunque per il Conte II l’Upb concede diverse scusanti per crisi pandemica ed energetica, in questo caso non sembrano essercene.