Graziano Mesina, ex re del banditismo sardo, scarcerato per cancro terminale: trasferito all’ospedale San Paolo dopo 54 anni di crimini
La sua vita ha ispirato film, libri e dibattiti infiniti sulla giustizia: Graziano Mesina, 82 anni, l’ex “primula rossa” del banditismo sardo, è uscito dal carcere di Opera non per un’evasione spettacolare come quelle che lo resero noto negli anni ’70, ma su una barella, piegato da un male incurabile.
Il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha accolto l’istanza dei suoi legali: cancro metastatico in fase terminale, impossibilità di alimentarsi o parlare, il corpo ridotto a uno scheletro: “Non riconosceva più neppure i familiari”, racconta un infermiere del reparto di medicina penitenziaria del San Paolo, dove Graziano Mesina è stato trasferito in attesa della morte.
La storia di Graziano Mesina sembra tratta dai un vero e proprio romanzo nero: 54 anni di carriera criminale, sequestri di persona, evasioni da film (come quella del 1992 dal carcere di Nuoro, con una scala di corda), e una condanna all’ergastolo per l’omicidio del pastore Pietro Piredda nel 1982.
Ma oggi, a decidere il suo destino non è stata la legge del contrappasso, ma un duro referto medico che ne certifica la morte imminente: “È la fine di un simbolo”, commenta un ex magistrato anti-mafia, “ma anche l’inizio di un dibattito: fino a che punto la pietà umana deve sovrastare la giustizia?“.
Graziano Messina e il dilemma etico: carcere vs la dignità del morire
“Non può più camminare, non parla, è come un bambino inerme”, aveva denunciato l’avvocato Beatrice Goddi, descrivendo le gravi condizioni di Graziano Mesina poco prima della sua scarcerazione.
La sua battaglia legale è stata una vera e propria corsa contro il tempo: due mesi di peggioramenti rapidi e improvvisi, diagnosi tardive, e il rifiuto dell’ASL di permettere consulti oncologici supplementari: “Gli hanno negato persino il diritto a un secondo parere“, è l’accusa feroce di Maria Luisa Vernier, l’altro suo legale.
Ma adesso, Graziano Mesina, l’uomo che terrorizzò la Sardegna con i suoi sequestri milionari (come quello del piccolo Farouk Kassam nel 1991, riscatto da 10 miliardi di lire) passerà i suoi ultimi giorni in un letto d’ospedale, sorvegliato, ma libero dalla prigionia delle sbarre.
C’è chi grida allo “sconto alla criminalità”, come l’associazione vittime del banditismo, e chi – invece – invoca pietà anche per uomo così efferato: “Anche i mostri hanno diritto a non agonizzare in cella”, scrive un ex compagno di detenzione e con la scarcerazione, se da un lato si chiude definitivamente il sipario sulla sua vita, dall’altro, riemergono ferite mai realmente sanate.