Green economy, l'analisi di Giaccio: "E' una bolla speculativa con cui la grande finanza attacca la democrazia. Gli investimenti ESG sono solo marketing"
La green economy è una bolla speculativa e l’ideologia climatica non serve al bene del pianeta, bensì alla grande finanza per arricchirsi. A sostenerlo è Mario Giaccio, che di questo tema se ne intende, avendo dedicato anni della sua attività di ricercatore alle origini e alle implicazioni dell’economia verde.
Il professore, che ha insegnato a Modena, Bologna, Ancona e Milano-Bicocca prima di chiudere la carriera a Chieti-Pescara, ritiene che la questione sia anche politica, perché ci sono poche oligarchie finanziarie a decidere le politiche energetiche e industriali, influenzando governi e istituzioni, quindi minacciando la democrazia.
Invece, bisognerebbe riportare il dibattito sul clima all’interno dei confini scientifici, togliendolo dal mirino della finanza. Ne ha parlato nei giorni scorsi in un’intervista a La Verità, in cui ha bocciato anche i fondi ESG (Environmental, Social and Governance), spiegando che non sono davvero sostenibili, ma rappresentano un pretesto per spostare soldi pubblici verso la grande finanza.

IL BUSINESS DELLA CRISI CLIMATICA SECONDO GIACCIO
Dunque, la crisi climatica viene usata per giustificare questi cambiamenti economici che arricchiscono pochi miliardari, mentre i cittadini ne fanno le spese tra tasse e minore crescita. Per quanto riguarda l’idea della green economy, per Giaccio deriva da una visione neo-malthusiana, cioè che la Terra abbia troppe persone e che quindi occorra ridurre la popolazione.
Infatti, ha citato il Club di Roma del ’68 e l’Agenda 2030 dell’ONU, secondo cui bisognerebbe limitare lo sviluppo per salvare il pianeta. «Il concetto di sviluppo sostenibile implica la necessità di frenare la crescita economica e della popolazione». Questa, per l’economista, è «cultura della morte», che è stata «già denunciata da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI».
“CULTURA DELLA MORTE E DEINDUSTRIALIZZAZIONE”
La tesi è che l’uso delle energie fossili – come petrolio, gas, carbone – ha permesso la crescita dell’umanità; per cui, se si vuole ridurre la popolazione, si colpiscono le fonti fossili e si spinge verso eolico e solare, che però richiedono enormi costi. Per quanto riguarda l’affare della transizione verde, secondo Giaccio alcune grandi fondazioni – come Rockefeller, Hewlett – e investitori come BlackRock avrebbero usato l’emergenza climatica come «cavallo di Troia» per spingere investimenti nelle rinnovabili, finendo per promuovere «l’agenda della deindustrializzazione».
Infatti, alla COP21 di Parigi (2015) si decise di orientare i flussi finanziari verso investimenti a basse emissioni. Secondo Giaccio, questo ha permesso ai grandi fondi finanziari di ottenere enormi sussidi pubblici e guadagnare commissioni, ma senza riuscire ad apportare davvero miglioramenti per l’ambiente.
Tornando ai fondi ESG, vengono presentati come sostenibili e più etici, ma per Giaccio sono solo marketing, perché non rendono più degli altri fondi e non hanno reale impatto sociale o ambientale. Inoltre, hanno bisogno di sussidi pubblici perché non sono economicamente sostenibili. I fondi, poi, sono controllati da pochi giganti finanziari che esercitano una sorta di «governo parallelo», condizionando le scelte politiche.
LA CRISI DELLA GREEN ECONOMY
L’economista, a La Verità, ha fatto notare che la green economy è in crisi: nel 2022 molti investimenti ESG hanno perso valore; fondi di energie pulite hanno perso fino al 54%, mentre i fondi legati alle energie tradizionali hanno guadagnato molto. In conclusione, ciò che la finanza globale ritiene il «nuovo oro» non è altro che «una bolla speculativa e gli investimenti ESG non hanno prodotto i rendimenti promessi».
Gli investimenti ESG imposti dalle oligarchie finanziarie rappresentano, per Giaccio, «una seria minaccia alla democrazia, con un potere politico esercitato da pochi miliardari, nessuno dei quali è eletto democraticamente».
