Secondo il Corriere ci sono cattolici troppo cauti sul riarmo. Dopo Polito, la reprimenda è toccata a Panebianco. Con qualche amnesia
Angelo Panebianco ha dedicato gran parte di un editoriale sul Corriere della Sera di ieri (“Europei sul serio”) a gettare fango sull’“irenismo cattolico”, a suo avviso responsabile primo di un’inaccettabile cautela dell’Italia nell’abbracciare le ragioni del riarmo europeo, finalizzato a una guerra inevitabile con la Russia.
La narrativa bellicista del politologo liberale bolognese sulla crisi ucraina è da sempre apodittica, pregiudiziale, ormai trita. Il suo column anti-cattolico contiene d’altronde almeno due manipolazioni gravi.
La prima è l’omissione – in una denuncia sdegnata e sprezzante – del nome del cattolico più determinato e trasparente nel promuovere da Roma la pace contro la guerra: Papa Francesco, fra l’altro Primate d’Italia. Si tratta di una svista non scusabile: il Pontefice ha ribadito con forza la visione della Chiesa cattolica sulla crisi geopolitica in una lettera pubblicata sulla prima pagina del Corriere della Sera lo scorso 17 marzo.
Nessun “irenismo”, ma magistero pastorale del capo della Chiesa cattolica, con piena assunzione di ogni responsabilità, anche da un letto d’ospedale, nel disturbare chiaramente digestione e sonno dei vetero-atlantisti, peraltro già disorientati dal peculiare “irenismo” di Donald Trump.
Una seconda scelta più che discutibile da parte di Panebianco – nella sua accusa di renitenza cattolica alla causa della guerra – appare quella di fare un fascio di realtà cattoliche molto diverse: Comunione e liberazione e un più vago “dossettismo” vetero-democristiano, a suo tempo contrario all’ingresso dell’Italia nella Nato voluto da Alcide De Gasperi.
Qui è sorprendente come il professore bolognese mostri di aver letto attentamente la lettera del presidente di Cl, Davide Prosperi, al Corriere della Sera di domenica 30 marzo, mentre dimentica tout court un’intervista rilasciata – sempre alla prima pagina del Corriere – da Romano Prodi lo scorso 22 marzo.
L’ex premier – già collega di Panebianco alla facoltà di scienze politiche dell’Alma Mater felsinea – vi si diceva frustrato di non aver potuto esprimere all’europarlamento il suo sì più convinto al piano ReArm. Su di esso, invece, a Strasburgo si è astenuta la segretaria del Pd Elly Schlein: lei pure di scuola bolognese, anche se certamente lontana dalla rigida ortodossia “dossettiana”.
Comunque – per tranquillità di Panebianco – Prodi ha testimoniato in modo inequivocabile che non tutti i cattolici italiani sono “irenisti”: quelli “adulti”, come ha amato talora definirsi l’ex presidente “post-dossettiano” della Commissione Ue, fra il magistero del Papa e i piani dei tecnocrati di Bruxelles non ha mai avuto dubbi. Oggi vogliono il riarmo e non vogliono la pace in Ucraina. Vogliono per principio “più Europa”, proprio come ha invocato anche il girotondo di Michele Serra a Roma. A questo ha partecipato un’altra importante realtà cattolica, la Comunità di Sant’Egidio. Ma Panebianco si è dimenticato di citare pure questa.
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