Cosa c'è dietro la guerra tra Siria e Israele (fermata dalla mediazione di Usa e Turchia): lo scontro tra Netanyahu e Al Sharaa e il ruolo dei drusi
LE ACCUSE DOPO 4 GIORNI DI RAID: COSA STA SUCCEDENDO IN SIRIA E COSA C’ENTRANO I DRUSI
Alla fine è stata la mediazione del Segretario di Stato americano Marco Rubio, con il forte pressing del Presidente di Donald Trump, a interrompere 4 giorni di escalation durissima tra Siria e Israele, culminati con le drammatiche esplosioni ieri a Damasco del Ministero della Difesa, del Palazzo Presidenziale e di altre aree della capitale siriana. Secondo il Ministro della Sicurezza Nazionale Ben Gvir, Israele è intervenuto per difendere la popolazione drusa presente in Siria puntando direttamente a colpire il Governo jihadista di Ahmed Al Sharaa instaurato dopo la cacciata del dittatore sciita Assad: «una volta jihadista, sei sempre jihadista. Chiunque uccida, tagli i baffi, umili, stupri, non dovrebbe essere oggetto di trattative».
Non sono parole tenere o sottili quelle del Ministro affermate dopo l’attacco lanciato ieri a Damasco, in direzione di Al Sharaa, più noto col nome di battaglia di Al Jolani (Al-Jawlani): «va eliminato», conclude Ben Gvir sottolineando come il popolo di Israele rimarrà a fianco dei cittadini drusi, promettendo che ben presto «sarà eliminata la testa del serpente», ovvero proprio il Presidente siriano ad-interim riconosciuto tanto dagli USA quanto dall’Unione Europea.

È proprio la collocazione politica del nuovo regime in Siria che apre un caso diplomatico internazionale non da poco, specie in un momento delicatissimo in Medio Oriente come quello attuale. Israele di fatto ha bombardato un alleato, seppur “giovane”, degli Stati Uniti nel momento in cui dovrebbe avere più bisogno dello storico alleato per provare a chiudere la guerra a Gaza contro Hamas. La protezione della popolazione drusa (branca dell’Islam sciita, presente storicamente in Israele e ribelli contro il regime di Al Sharaa fin dalla nascita del nuovo governo jihadista).
RUBIO (E TRUMP) METTONO IN PAUSA LA GUERRA TRA ISRAELE E SIRIA: QUALI SCENARI SI APRONO
La mediazione americana è in corso, con un alto funzionario della Casa Bianca che ad Axios conferma l’intento nelle ultime ore profuso da Trump per convincere Netanyahu ad interrompere gli attacchi contro la Siria, aprendo (di fatto continuando, ndr) i negoziati con Al Sharaa per ridurre la tensione. Le interlocuzioni tra Israele e Washington proseguono e parallelamente anche il forcing tra ambo le parti ad al-Suwayda sembra diminuire dopo l’enorme attacco avvenuto ieri a Damasco.

«Israele cerca di creare il panico e ampliare le tensioni con la Siria», denuncia il presidente Al Sharaa parlando con Al Jazeera, dopo aver spiegare il parziale ritiro da Sweida per evitare di continuare i durissimi scontri tra la popolazione, i ribelli e i militari. Di fatto accodandosi alla richiesta di Israele, l’ex combattenti jihadista oggi Presidente Al Sharaa spiega di aver trasferito la competenza territoriale alle fazioni locali e agli sceicchi più anziani drusi, «saranno loro a prendersi responsabilità del mantenimento della sicurezza a Sweida».
A livello pubblico, Damasco concede una “tregua” ai drusi e offre loro l’opportunità di tornare nei “ranghi” abbandonando lo scontro diretto, ringraziando la mediazione di Stati Uniti, Turchia e Paesi Arabi per aver evitato un’ennesima guerra a cielo aperto tra Israele e un Paese del Medio Oriente. Secondo Al Sharaa resta la minaccia israeliana un pericolo per l’intera regione, ma conta nella mediazione di Trump ed Erdogan per fare “ragionare” Netanyahu.
«Siamo sulla strada della de-escalation», ha detto il Segretario di Stato Rubio dopo un colloquio privato avvenuto nelle scorse ore tra l’amministrazione americana e il Governo Netanyahu. Tra i tanti elementi sul tavolo un dato non da poco potrebbe “spiegare” il perché il tema dei drusi interessa e non poco Tel Aviv: il leader dei separatisti Hikmat Al-Hijri ha chiesto negli scorsi giorni il raggiungimento di un “corridoio” tra Suwaida e l’area dei cardi siriani, una sorta di collegamento che renderebbe molto più diretto un eventuale monitoraggio (per eventuali attacchi) verso l’Iran.
