Dal Sud America al Medio Oriente, passando per la Catalogna in Spagna: le proteste sono globali, ma forse la madre di tutte le “piazze” è proprio qui ad Hong Kong dove dal 9 giugno scorso sono in corso le più grandi proteste mai avvenute contro un Governo, in questo caso contro il Paese più ricco al mondo che sta dietro al suddetto Governo. È la Cina e la sua legge sull’estradizione ad esser stata la miccia delle proteste di giovani, lavoratori, pensionati, madri e quant’altro contro il Governo di Carrie Lam e la completa subalterni alle scelte anche di repressione di Pechino. Al netto degli scontri, degli arresti e delle vittime di questi mesi di proteste, l’ultimo atto contro la libertà di pensiero è avvenuto nelle scorse ore con il dissidente Joshua Wong che è stato ufficialmente bandito dalle prossime Elezioni distrettuali a Hong Kong del prossimo 24 novembre. Il motivo è che l’ex leader del Movimento degli Ombrelli (protagonista già delle proteste nel 2014) «non sostiene la Basic Law» e non è «leale a Hong Kong»; inutile dire la sua risposta qual’è stata, al grido di “censura”. «Condanno fermamente il fatto che il governo sia impegnato nel filtraggio politico e nella censura e mi privi dei miei diritti politici», ha scritto l’attivista dissidente sulla sua pagina Facebook.
HONG KONG, GOVERNO LAM “FIDUCIA DALLA CINA”
Si temono a questo punto ancora più accese proteste che potrebbero prendere tutto il mese di novembre fino alla data delle elezioni distrettuali: la giudice Laura Aron ha stabilito stamani che la candidatura di Wong è «nulla» data la sua battaglia per l’autodeterminazione della città-stato ex colonia Uk. Ancora Joshua Wong ha denunciato pubblicato «Pechino manipola le elezioni a Hong Kong tramite censura e controllo politico», ricevendo immediata la replica del Governo per il quale «l’autodeterminazione o l’appoggio all’indipendenza di Hong Kong è in contrasto con lo status legale e costituzionale della regione amministrativa speciale». Dopo il Movimento degli Ombrelli, Wong guida il partito Demosisto che da mesi richiede riforme elettorali con pieno suffragio universale: gli attacchi e gli arresti contro Joshua Wong e gli altri leader giovanissimi del movimento non sembrano fermarsi, con la Governatrice Carrie Lam sempre più sull’orlo della crisi senza fine tra i cittadini e lo stesso Governo cinese. Negli ultimi giorni erano circolate voci dal Financial Times che riguardavano una possibile destituzione nel marzo 2020 della Governatrice per cercare di far apparire la Cina senza una vera resa alle richieste venute dal basso: oggi però la Lam smentisce tutto e attacca «il governo centrale è stato molto d’aiuto e resta fiducioso che io, il mio team e il governo di Hong Kong, in particolare la polizia, saremo in grado di gestire la situazione, porre fine alle violenze e riportare la normalità il prima possibile».