Occorre fare alcune precisazioni importanti in relazione ai dati sul debito pubblico italiano diffusi ieri
Il debito pubblico dell’Italia, calcolato secondo i criteri del Trattato di Maastricht, è arrivato alla fine del mese di giugno scorso a 3.071 miliardi di euro, secondo le rilevazioni mensili sul debito e il fabbisogno effettuate dalla Banca d’Italia e appena pubblicate. La barriera dei 3 mila miliardi era stata superata lo scorso febbraio, mentre alla fine del 2023 il debito si attestava a 2.870 miliardi, esattamente 200 in meno rispetto al dato attuale.
Il livello attuale, così come la crescita di 200 miliardi in solo un anno e mezzo, avrebbero un tempo generato non poche preoccupazioni circa la tenuta della nostra finanza pubblica, ma in questa fase specifica possiamo confidare su giudizi ampiamente positivi da parte degli analisti e dei mercati finanziari.
Una misura di sintesi dei medesimi è data senz’altro dallo spread tra il rendimento dei titoli decennali italiani, i Btp, e i Bund tedeschi della medesima durata, una grandezza divenuta famosa anche presso il grande pubblico durante la crisi dell’estate del 2011 con il superamento dei 500 punti base.
Ebbene lo spread, che nel periodo antecedente le elezioni politiche di fine settembre 2022 oscillava tra i 230 e i 250 punti base e da allora ha sempre viaggiato su un trend ribassista, lo scorso 13 agosto per la prima volta dalla crisi del 2011, dunque 14 anni dopo, è sceso sotto gli 80 punti base. Quale miglior indicatore di questo per dimostrare la completa sostenibilità del debito pubblico e la solidità della nostra finanza pubblica in generale?
La coesistenza di giudizi ottimi coi numeri prima ricordati va però spiegata in quanto non è di immediata comprensione al lettore non esperto dei segreti, statistici ed economici, dei numeri di finanza pubblica. Facciamolo per passi successivi. Il primo richiede di precisare che la definizione di debito pubblico, relativo a tutte le pubbliche amministrazioni di ogni Paese che adotta l’euro, è al lordo delle disponibilità liquide che il Tesoro detiene come riserva di liquidità.
In sostanza non tutti i 3.071 miliardi di debito alla fine di giugno erano stati utilizzati per finanziare spesa pubblica, ma una parte ancorché ridotta di essi, corrispondente a 47 miliardi, si trovava nelle casse del Tesoro. Al netto di questa componente il debito si riduce a 3.024 miliardi, come evidenziato dal Grafico 1.
Inoltre, lo Stato italiano ha anche crediti per prestiti che ha fatto ad altri Paesi nel tempo nell’ambito dei meccanismi cosiddetti salva-Stati, in ultimo la partecipazione al capitale del cosiddetto ESM-European Stability Mechanism, più noto in Italia con l’acronimo MES. Sommati assieme questi crediti ammontano a poco più di 55 miliardi. Infine, vi sono depositi del Tesoro presso Istituzioni finanziarie monetarie italiane per altri 43 miliardi.
Sommando queste due ulteriori componenti rileviamo ulteriori attivi patrimoniali per 99 miliardi che appare corretto sottrarre anch’essi dal dato del debito pubblico lordo per ottenere una configurazione al netto di tutti gli attivi finanziari. In questo modo dai 3.024 miliardi prima ricordati scendiamo a 2.925 miliardi di debito pubblico netto dell’Italia.
Dunque in realtà, al netto dei crediti del Tesoro, il debito dell’Italia non ha ancora sforato i 3 miliardi e ci vorrà all’incirca un anno ulteriore affinché si verifichi.
(1- continua)
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