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Home » Economia e Finanza » Borsa e Spread » I CONTI DELLA FRANCIA/ I numeri che mettono in crisi il bilancio e Macron

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I CONTI DELLA FRANCIA/ I numeri che mettono in crisi il bilancio e Macron

Int. Marco Fortis
Pubblicato 27 Agosto 2025
François Bayrou ed Emmanuel Macron (Ansa)

François Bayrou ed Emmanuel Macron (Ansa)

La Francia rischia una crisi di Governo e anche di vedere aggravarsi seriamente la situazione dei suoi conti pubblici

La Francia è in pericolo perché sull’orlo del sovraindebitamento. A dirlo lunedì è stato il Primo ministro François Bayrou, che ha deciso di chiedere, per l’8 settembre, un voto di fiducia all’Assemblea nazionale, viste le difficoltà a portare avanti la manovra finanziaria che contiene un taglio del deficit pari a circa 44 miliardi di euro.


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Ieri il ministro dell’Economia Éric Lombard, in un’intervista radiofonica, ha spiegato che l’intento del Governo è quello di evitare il rischio di un intervento del Fondo monetario internazionale sul Paese.

«Bayrou ha ereditato una situazione già complessa. Non dobbiamo dimenticare che lo scorso anno, dopo le dimissioni a gennaio di Borne, erano arrivate quelle di Attal a luglio, mentre a dicembre l’Assemblea nazionale aveva sfiduciato Barnier che non era riuscito a far approvare una manovra da 60 miliardi tra tagli e maggiori tasse», ricorda Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano.


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C’è effettivamente un rischio di sovraindebitamento in Francia come ha detto il Primo ministro?

Bayrou ha sostanzialmente detto qualcosa di molto semplice, cioè che la Francia non può permettersi di pagare sempre più interessi sul debito. Stiamo parlando, tuttavia, di una cifra intorno ai 50 miliardi di euro l’anno, quando nel caso dell’Italia arriva a circa 85 miliardi.

La vera differenza è che il nostro Paese è in avanzo primario, mentre la Francia ha un disavanzo primario che supera i 130 miliardi di euro e che non si riesce a diminuire nemmeno di 44 miliardi. Val la pena anche evidenziare che alla fine del 2022 Italia e Francia avevano un disavanzo primario simile, intorno ai 100 miliardi.


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Come ne usciranno Bayrou e Macron, che ha nominato anche tutti i Premier citati poc’anzi?

Il Rassemblement National, in testa nei sondaggi, ha già fatto sapere che voterà contro la fiducia a Bayrou, come La France Insoumise di Mélenchon.

Anche il Partito socialista sembra intenzionato a sfiduciare il Primo ministro. E più di 8 francesi su 10, stando a un sondaggio de Le Parisien, sono contrari all’abolizione di due giorni festivi (Pasquetta e l’8 maggio, giorno della vittoria degli Alleati nella Seconda guerra mondiale), una delle misure previste nella manovra messa a punto dal Governo prima della pausa estiva. Il Presidente Macron sostanzialmente non ha più l’appoggio del Paese, che non è disposto a fare sacrifici, i quali ormai da diversi anni vengono pagati dagli investitori stranieri.

In che senso?

Negli ultimi dieci anni il debito pubblico francese, con cui è stato alimentato il welfare transalpino, è stato sostanzialmente sottoscritto da investitori stranieri. I quali cominciano a non fidarsi più come una volta, tant’è che i rendimenti degli Oat, i titoli di stato francesi, a dieci anni sono ormai prossimi a quelli dei Btp italiani di pari durata, il cui rendimento resta sì superiore a quello dei Bund tedeschi, ma è di molto inferiore a quello dei Gilts del Regno Unito e dei T-bond americani.

In effetti, lo spread tra Italia e Francia si è ridotto sensibilmente negli ultimi mesi…

Penso che resterà stabilmente sotto i 10 punti base e se la crisi politica francese dovesse aggravarsi non è da escludere che diventerà negativo. Chissà che allora le agenzie di rating non rivedano i loro giudizi sul debito sovrano francese che sembrano fin troppo generosi rispetto alla situazione finanziaria del Paese.

La riduzione di questo spread è dovuta solo ai problemi della Francia o ci sono anche dei meriti italiani?

Se ci troviamo in una fase in cui i rendimenti dei nostri titoli di stato non aumentano come quelli degli altri vorrà pur dir qualcosa. L’Italia è l’unico Paese del G7 che resterà in avanzo primario da qui al 2030, considerando che la Germania ha riformato il freno al debito, e prima del Covid ci siamo stati quasi ininterrottamente per 20 anni.

Il nostro debito pubblico è cresciuto quasi esclusivamente per gli interessi su debito. Tra un anno e mezzo cesseranno anche gli effetti dei crediti d’imposta legati al Superbonus, che ha comunque consentito una crescita del Pil che ha contenuto l’aumento del rapporto debito/Pil.

C’è quindi, come ha detto Giorgetti, una differenza tra il rating percepito dai mercati e quello ufficiale che viene assegnato dalle agenzie al nostro debito?

Di sicuro nel rating ufficiale tra Italia e Francia c’è un divario che non appare giustificato e che i mercati in effetti non vedono. Tra l’altro la capacità spontanea di “autofinanziamento” tramite sottoscrizione di titoli di stato del proprio Paese da parte di famiglie e imprese in Italia è pari al 19,2% del Pil, mentre in Francia raggiunge appena l’1,3%.

Escludendo, dunque, il debito “autofinanziato”, il debito/Pil dell’Italia del 2024 è pari al 116,1% contro il 111,7% della Francia. Mi sembra che questi numeri sfuggano alle agenzie di rating visti i loro giudizi. L’Italia merita senz’altro un upgrade, anche perché ha una posizione patrimoniale netta sull’estero positiva per oltre 300 miliardi.

C’è il rischio che la situazione francese danneggi l’euro e che occorra un intervento della Bce?

Certamente non si tratta di una situazione positiva per l’euro, in un momento in cui, come ha ricordato Mario Draghi al Meeting di Rimini, l’Ue non vive un buon momento. Non so se la Bce dovrà mettere in campo qualche misura che, in passato, era stata vista come un “salvataggio” o un aiuto per l’Italia. Vedremo come evolverà la situazione politica francese, con una crisi di Governo che sembra sempre più vicina.

Vista la situazione dei nostri conti pubblici potremo affrontare la manovra con più tranquillità?

A mio avviso occorre comprendere che siamo di fronte a una grande occasione: non essere più additati con la pecora nera del debito in Europa e acquisire maggiore credibilità. Per questo è bene usare al meglio le risorse, evitando qualunque spreco.

Tra l’altro va ricordato che sulla base delle nuove regole del Patto di stabilità siamo vincolati a non far crescere la spesa primaria netta oltre una certa soglia. Non possiamo, quindi, spendere liberamente: se avanzano delle risorse è bene che vadano a ridurre il debito pubblico.

(Lorenzo Torrisi)

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Tags: Emmanuel MacronMario DraghiGiancarlo GiorgettiEconomia Francia

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