FCA/ GM e il “gioco della scala” di Marchionne

- Paolo Annoni

Sergio Marchionne continua a marcare stretto General Motors e sembra anzi candidarsi a diventare leader del gruppo che potrebbe nascere dopo la fusione. Il punto di PAOLO ANNONI

Marchionne_Sbieco_PPR439 Sergio Marchionne (Infophoto)

L’assemblea degli azionisti di General Motors di lunedì era stata messa nel calendario degli investitori per ragioni che nulla avevano a che fare con l’approvazione dei conti 2014. La domanda che tutti volevano fosse chiesta all’amministratore delegato Mary Barra riguardava infatti uno dei competitor di GM, nello specifico Fiat Chrysler Automobiles; dopo che il New York Times aveva dato conto di una mail inviata da Marchionne alla Barra in cui si mostravano i benefici di una fusione tra GM e Fca, ci si attendeva qualche dichiarazione “ufficiale” dal destinatario.

La dichiarazione è arrivata puntuale: “Abbiamo ricevuto una lettera da FCa che è stata esaminata approfonditamente dal management e dal cda e una decisione è stata presa”. Dato che non si è letto da nessuna parte di una fusione, la decisione che è stata presa è stata ovviamente quella di non procedere a una fusione; Mary Barra ha proseguito: “Abbiamo la scala”, abbiamo migliorato i margini e ci stiamo avvicinando ai nostri obiettivi 2016 distribuendo tutta la cassa agli azionisti. Infine, “pensiamo che stiamo agendo nel miglior interesse degli azionisti GM”.

Non ci vuole un genio per capire che la proposta di Marchionne è stata rispedita al mittente e il primo argomento messo sul tavolo, “abbiamo la scala”, è probabilmente il più antipatico. Il problema della scala ce l’ha evidentemente Fca, ma non General motors che ha già ora una dimensione sufficiente per poter competere efficacemente nel medio lungo termine in ogni ciclo del mercato. Parafrasando in modo brutale: Marchionne chiede una fusione perché ne ha bisogno, ma noi stiamo già benissimo così.

Mary Barra potrebbe poi aver interpretato gli ultimissimi interventi di Marchionne esattamente come molti altri osservatori. L’ad di Fca ha detto in particolare due cose lo scorso weekend. Tratteggiando le caratteristiche di un potenziale partner, ha detto che dovrebbero esserci grosse sovrapposizioni perché ci siano risparmi sugli investimenti. GM corrisponde all’identikit soprattutto per le sovrapposizioni nei segmenti e nel mercato più importante dei due gruppi, gli Stati Uniti. Il secondo punto è forse quello più interessante. Nel 2014 Marchionne dichiarava: “Dopo il 2018 farò sicuramente altro”, mentre una settimana fa diceva “se me lo chiedono, e serve che me lo chiedano, potrei restare oltre il 2018 nel caso di un consolidamento importante”.

In pratica Mary Barra potrebbe avere anche pensato, essendo in buonissima compagnia, che Marchionne si sia auto-candidato a fare l’amministratore delegato del nuovo gruppo, quello che nascerebbe, potenzialmente, dalla fusione GM-Fca. Il rifiuto dell’attuale management di GM a valutare una fusione ha già determinato una nuova fase. Marchionne non sta più parlando al management di GM, ma ai suoi azionisti, così come ormai da giorni scrivono i principali quotidiani finanziari internazionali; e qualcuno, per esempio il secondo maggior azionista di GM Harris, dichiarava ieri al FT di essere favorevole a “una operazione che realizza una creazione di valore di medio lungo termine”.

Gli azionisti della public company GM con cui Marchionne ha già iniziato a parlare, scrive il Wall Street Journal, potrebbero convincersi che i risparmi e la creazione di valore derivante da una fusione sono realistici e che quindi una fusione con Fiat/Chrysler sarebbe conveniente per loro. Ci sarebbe ovviamente il problema di gestire una fusione colossale e, soprattutto, di trovare un management adatto a una sfida così impegnativa; se c’è qualcuno con il curriculum giusto è Marchionne che è riuscito nell’impresa di mettere insieme due società con gravi difficoltà finanziarie e competitive per creare un soggetto industrialmente e finanziariamente autonomo.

Non ci sono solo i risultati industriali; qualunque investitore che si prendesse la briga di vedere com’è cambiato il prezzo del titolo Fiat dall’arrivo di Marchionne a oggi (bisogna aggiungere Cnh per fare il calcolo) avrebbe di che meditare e, soprattutto, non potrebbe, neanche volendo, scartare a prescindere le proposte dell’attuale ad di Fca.

È impossibile non notare che l’accelerazione imposta da Marchionne sul consolidamento in generale e su GM in particolare sia arrivata immediatamente dopo le dimissioni di Piech in Volkswagen. Spingere in modo così marcato sul consolidamento sembra comunque un’ammissione di debolezza o quanto meno di un’inadeguatezza a competere nel medio lungo periodo nei termini attuali. Questa valutazione non è comunque condivisa da molti altri gruppi di dimensioni simili o inferiori a Fca, che evidentemente pensano di poter provare a competere senza salti dimensionali quantici. Intorno a Fiat Chrysler sembra decisamente esserci molto di più della quotazione di Ferrari e dei nuovi modelli Alfa Romeo.

C’è infine una questione molto locale e italiana in questi scenari di ricomposizione del settore auto globale; dopo la fusione Fiat Chrysler e le proposte di creazione di maggior produttore globale di auto, la partecipazione in Rcs rimane “in pancia” a Fca. Se lo dimenticano sempre tutti, ma è davvero singolare e soprattutto molto poco “sinergica” all’ottenimento di maggiori efficienze industriali quando si producono auto. 





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