La priorità per Israele resta Gaza, vuole occuparla e gestirla, anche se sa che non potrà distruggere Hamas al 100 per cento e che alla fine della guerra ci sarà una stagione di attentati. Per ora, però, il nodo cruciale del conflitto rimane quello, tanto è vero che sulla Striscia di Gaza ora sono state lanciate, come rivelato dalla CNN, bombe da 900 kg come quelle che erano state usate in Vietnam. Hamas intanto rifiuta l’offerta di tregua (inizialmente una settimana per 35 ostaggi, ma ora sarebbero diventate due) da parte di Israele: vuole il cessate il fuoco definitivo, forse perché, spiega Vincenzo Giallongo, colonnello dei Carabinieri in congedo con al suo attivo missioni in Iraq, Albania, Kuwait e Kosovo, non ha più tanti ostaggi da offrire.
Proprio gli ostaggi potrebbero essere morti nel frattempo, anche sotto le bombe o nelle operazioni dell’IDF per mettere fuori uso i tunnel usati dai terroristi. Infine all’ONU in Consiglio di sicurezza si scrive una risoluzione per far finire, almeno temporaneamente, le operazioni militari aprendo agli aiuti umanitari e anche, magari, a una trattativa di pace. “Poi però – osserva ancora Giallongo – bisognerà vedere se Israele la rispetterà”. Finora Tel Aviv non ha dato molto retta alle sollecitazioni delle Nazioni Unite.
Colonnello, Israele propone una tregua per liberare gli ostaggi ma Hamas è disposta a parlare solo in caso di cessazione definitiva delle operazioni militari. All’organizzazione palestinese non farebbero comodo, comunque, sette giorni di respiro?
Hamas ha grossi problemi: credo che molti ostaggi siano morti. Qualcuno è sicuramente deceduto sotto le bombe. Gli israeliani stanno riempiendo di acqua i tunnel e li stanno facendo saltare: altri potrebbero aver finito i loro giorni in questo modo. Infine ci sono ostaggi che sono nelle mani di gruppi terroristici come la Jihad. Hamas spera di arrivare a un cessate il fuoco definitivo senza dare niente in cambio. Ci provano. Così un domani potranno dire che loro volevano lasciarli andare ma non hanno avuto la contropartita giusta. Ma gli ostaggi che dovrebbero liberare forse non li hanno più.
L’IDF nel frattempo continua a bombardare, anche con ordigni più pesanti di prima. Non c’è possibilità che si fermi?
Non si fermeranno. Resto convinto che i servizi segreti israeliani sapevano dell’attacco del 7 ottobre, ma che si è valutato che era meglio subirlo e avere l’occasione per regolare una volta per tutte i conti con Hamas. E ora tirano dritto.
L’ONU, intanto, ha impiegato giorni per una risoluzione che stabilisca il cessate il fuoco, permettendo gli aiuti umanitari e immaginando anche una possibile fine delle operazioni militari. Quanto può contare un documento del genere?
L’ONU è un organismo inutile. Faranno la risoluzione, ma poi verrà rispettata da Israele? No. Quanti Paesi non rispettano le decisioni delle Nazioni Unite? Hanno fatto così anche la Russia, gli Usa. Israele rispetterà la risoluzione solo se gli farà comodo.
Ma alla fine quale resta il nodo cruciale della guerra, dove si decide veramente il futuro della Palestina?
Israele vuole il controllo di Gaza e non lo darà più ai palestinesi. Tuttavia non si può avere il controllo del 100 per cento della Striscia se dentro ci sono dei terroristi, gli israeliani finiranno quando riterranno sufficiente la bonifica del territorio, arrivando a realizzare al 70-80 per cento il loro obiettivo. Poi ci saranno attentati continui, Israele dovrà farsene una ragione.
Vuol dire che l’obiettivo di distruggere Hamas è impossibile da raggiungere?
Sì, ne sono convinto. Ci potrà essere la pace tra governi, fra Paesi, ma continueranno a operare sacche di terroristi.
A meno che non riescano a risolvere una volta per tutte la questione palestinese. Solo così si eliminerebbe il problema?
Non credo che si arrivi a questo. I terroristi cresciuti con l’idea di combattere continueranno imperterriti. Hamas non vuole la pace. Forse inconsciamente, ma non la vuole. Anche per questo penso che Israele dovrà subire attentati ancora a lungo.
Ma presa Gaza il governo cosa farà?
Oggi c’è un governo di unità nazionale e questo tipo di governo ha al suo interno tutto meno che l’unità, serve per dare all’opinione pubblica l’idea della coesione. Presa Gaza, se Hezbollah dovesse continuare ad attaccare non escluderei che Israele volga lo sguardo verso il Libano e decida di chiudere i conti anche lì.
Sistemata la Striscia, però, resta la Cisgiordania, in cui l’IDF sta intensificando le operazioni, pur non arrivando a bombardare come dall’altra parte. Lì come si comporteranno?
Finiranno il lavoro con operazioni più chirurgiche per smantellare sacche di resistenza e colpire i terroristi fuggiti. Vogliono dare un altro segnale che non ci si può mettere contro di loro. Non potrebbero fare nella West Bank quello che fanno a Gaza e che potrebbero fare eventualmente in Libano. In Cisgiordania no, rischierebbero veramente di giocarsi il consenso internazionale. Le operazioni in questo territorio finirebbero una volta conquistata la Striscia.
Resterebbe comunque il problema dei coloni?
Sì. Ci sono tutta una serie di problematiche di cui dovranno occuparsi, ma ad armi spente. Toccherà alla politica.
John Kirby, consigliere Usa per la sicurezza, dice che gli israeliani hanno riconosciuto di dover avviare una nuova fase dei combattimenti, l’IDF però non sembra dare segni di questa svolta. Cosa sta succedendo?
Siamo alle solite. Gli americani non possono inimicarsi i Paesi arabi, ma nei fatti non fanno nulla. Israele dovrà entrare in una nuova fase, ma per il momento non ci pensa neppure. Gli interventi più mirati a Gaza contro Hamas li faranno quando riterranno che sarà il momento giusto.
Il ministro degli Esteri russo Lavrov, intanto, ha detto che in realtà l’Occidente non vuole spingere per la realizzazione di due Stati, uno israeliano e uno palestinese. Americani ed europei vogliono veramente questa soluzione?
La dichiarazione di Lavrov è strumentale, tuttavia l’Occidente non ha mai discusso seriamente questa soluzione. Forse dopo quello che è successo adesso capiremo tutti di più che due Stati sono assolutamente necessari.
(Paolo Rossetti)
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