“Stiamo morendo di carico fiscale”: a dire così il presidente di Confindustria durante il convengo pubblico della Lega a Torino. La pressione fiscale sta riducendo a pezzi imprese e famiglia, ha detto: siamo disposti a rinunciare agli incentivi statali “in cambio di una riduzione della pressione fiscale”. Alle parole di Squinzi si sono registrati commenti positivi da parte di esponenti di Pd e Pdl. Tutto questo mentre l’Istat comunicava i dati di un nuovo studio sulla disoccupazione giovanile, che dal 2007, cioè più o meno da quando si fa risalire l’inizio della crisi economica internazionale, ha toccato punte del 25%. IlSussidiario.net ha chiesto un commento sulle parole del Presidente di Confindustria a Guido Merzoni professore dell’Università Cattolica: “Quello di Squinzi mi sembra un grido di disperazione che vuole richiamare l’attenzione su una fase molto difficile delle nostre imprese. Non so fino a che punto creda fino in fondo che si possa smantella completamente una attività di incentivazione da parte dello Stato nell’attività di imprese”. Inoltre, aggiunge, se è vero che il problema della pressione fiscale è rilevante, “oggi non siamo in condizioni di ridurre questa pressione senza creare grosse preoccupazioni sui mercati internazionali rispetto alla tenuta dei nostri conti pubblici”.
Riduzione della pressione fiscale in cambio della rinuncia agli incentivi: è una strada percorribile?
Il problema della pressione fiscale è socialmente un problema rilevante, e che purtroppo non si risolve se non si prende una prospettiva di più ampio respiro e quindi non si tiene conto delle possibilità di rivedere complessivamente l’impianto della spesa dello Stato.
In che senso?
Nel senso che non siamo nelle condizioni di ridurre la pressione fiscale senza creare grosse preoccupazioni sui mercati internazionali rispetto alla tenuta dei nostri conti pubblici.
Quindi una strada non percorribile quella suggerita da Squinzi?
Quindi se vogliamo arrivare a un riduzione effettiva della pressione fiscale dobbiamo necessariamente ridurre sul lato delle uscite. E questo è un processo non semplice come dimostra il lavoro fatto sulla spending review che per il momento ancora stenta a dare dei risultati chiari.
Squinzi ha parlato di una pressione fiscale sulle nostre imprese pari al 57% contro quella al 37% della Germania.
Certo, ed è vero che le nostre imprese soffrono di una indice di competitività derivante dalla pressione fiscale che hanno altri Paesi. E’ indubbio che in Italia la pressione fiscale sia superiore. Così come uno degli elementi decisivi è trovare il modo di incentivare la capacità innovativa del nostro sistema che pur essendo nascosta rispetto ad altri Paesi, perché come ben sappiamo gli indicatori sono attività di ricerca e sviluppo delle nostre imprese non racchiudono una parte di attività, invece in realtà c’è.
Questo perché succede?
Perché magari le nostre imprese non brevettano le proprie innovazioni ma le realizzano in maniera incrementale rispetto alle proprie produzioni. Però è vero che essendoci una dimensione media di impresa più bassa la capacità innovativa dovrebbe in qualche modo stimolata.
Quindi cosa si può fare per venire incontro a quanto chiede Squinzi?
Il suo mi sembra un grido di disperazione che vuole richiamare l’attenzione su una fase molto difficile delle nostre imprese. Non so fino a che punto creda fino in fondo che si possa smantellare completamente una attività di incentivazione da parte dello Stato nell’attività di imprese orientandola come dicevo prima soprattutto sulla dimensione innovativa.
Ma se è pronto a rifiutare gli incentivi, vuol dire che questi non servono forse a granché?
Probabilmente lui rappresenta una quota di imprese che si giovano meno del sistema di incentivi pubblici rispetto alla scena complessiva. Uno dei problemi che di solito si rileva rispetto a questo discorso riguarda il fatto che in realtà il sistema incentivi in senso ampio prevede solo una parte di incentivi verrei propri perché una parte di questi trasferimenti alle imprese non vanno a modificare i comportamenti delle imprese.
Un corretto uso degli incentivi quale sarebbe?
Un incentivo in senso proprio dovrebbe essere qualcosa che fa fare alle imprese qualcosa di diverso rispetto a quello che facevano prima. mMentre in realtà una parte non trascurabile dei trasferimenti alle imprese non vanno a modificare il sistema delle imprese stesse.
Il Presidente di Confindustria ha poi definito l’Irap una tassa maledetta.
Anche questo mi sembra un grido di disperazione che assume connotazioni estreme. Certamente l’Irap da più parti è stata molto negativa. Su questo molte ragioni ci sono. Il problema è che per poter modificare l’imposizione fiscale è necessario trovare altre fonti di entrata o riduzione di spesa e questo al momento non è facile. Bisognerà provvedere in qualche modo ma inventarsi partite di spesa su cui intervenire non è qualcosa di immediato.