Senza innovazione un’azienda muore. Vero, un conto però se a occuparsi di innovazione è il MIT di Boston, altra cosa se a farlo è una piccola media impresa che per sopravvivere, in un momento di crisi come questo, deve dedicare tempo ed energie al recupero crediti. Vero, ma di solo recupero crediti un’azienda muore. Si è giocata tutta su questo filo dialettico la prima edizione del Forum dell’Innovazione del Legno Arredo che si è svolta ieri al Kilometro Rosso di Bergamo, un tentativo di risposta alla crisi economica che molte aziende del settore stanno ancora attraversando. L’iniziativa, organizzata da FederlegnoArredo con il patrocinio dell’Università Bocconi e del Politecnico di Milano, ha riscosso grande interesse: sono state oltre 270 le aziende che si sono presentate per conoscere alcune tra le principali novità del settore, appositamente selezionate da un comitato scientifico composto da enti di ricerca, università e specialisti. “Il motivo che ci ha spinto a promuovere questa iniziativa – spiega Roberto Snaidero, Presidente di Federlegno – era dare alle piccole e medie imprese del nostro settore la possibilità di interloquire con qualcuno che è molto più avanti e vedere se eventualmente alcune delle proposte che abbiamo selezionato sono integrabili dalle nostre aziende”. Come può una piccola media impresa mettere l’innovazione in cima alle sue priorità? “Credo che la piccola-media impresa possa essere molto forte nell’innovazione, soprattutto perché è più flessibile – risponde Carlo Ratti, direttore del SENSEable City Lab del MIT di Boston, intervenuto ieri in apertura dei lavori. Ratti, che nella sua relazione ha posto l’accento sul concetto di “senseable living”, portando esempi di concrete applicazioni legate al mondo dell’arredo e ai futuri stili di vita, aggiunge: “innovazione è anche demolire le ortodossie aziendali, che sono più facili da ripensare in un’azienda piccola. C’è un problema di scala: oggi per le pmi diventa importante fare rete: all’interno di organizzazioni, come Federlegno, facendo leva con altre aziende. E occorre fare rete anche con le università che fanno innovazione in giro per il mondo. Noi, ad esempio, dagli Stati Uniti lavoriamo con molte aziende, alcune delle quali sono italiane”. Le aziende italiane che fanno innovazione crescono e sono forse le uniche che riescono a vincere la crisi: “direi di sì – prosegue Ratti – perché fanno cose nuove, cose che per definizione non sono ancora state copiate, anche se magari lo saranno domani. Sono cose uniche per cui ci sono margini più alti”. Cosa frena questo approccio? “Spesso a frenare sono le ortodossie aziendali, o il fatto di non riuscire a rimettersi in gioco, privilegiando il fare le cose come si è sempre fatto. In questo modo non si riesce a capire come stanno cambiando le cose nel mondo. Ci sono grandissimi cambiamenti in corso che è importante almeno monitorare per capire come sta cambiando ad esempio il panorama della produzione o quello della vendita”. Dovendo fare un salto di scala, le nostre pmi non rischiano di perdere quella che è la loro peculiarità? “No, perché non si tratta necessariamente di un problema di dimensioni. Può essere la stessa scala ma ci deve’essere la capacità di lavorare in rete”.
“Ho visto molte facce soddisfatte – ha detto a fine giornata il Presidente Snaidero – i nostri associati hanno recepito il messaggio che è stato lanciato”. Di progetti ne erano arrivati cento, la giuria ha selezionato i “migliori” 15, quelli che maggiormente rispondono alle necessità del settore. “Il nostro settore fa innovazione: ogni anno ci presentiamo al Salone del mobile con delle novità e nuovi oggetti di design. Però dobbiamo andare oltre. Vista la situazione del mercato interno, dobbiamo spingerci sui mercati esteri; e lì solo con l’innovazione possiamo battere i nostri concorrenti”.
Il prof. Ratti ha ricordato i problemi strutturali delle nostre pmi e ha ribadito la necessità di fare rete: “ne ho parlato settimana scorsa anche alla Camera dei deputati. Stiamo spingendo molto in questa direzione; ho nominato anche un mio vicepresidente responsabile per la rete impresa. Non è semplice, ma è un percorso che bisogna fare”. Tra le innovazioni presentate ce ne sono di davvero avveniristiche. Una riguarda un nuovo tipo di plastica. Si tratta di una “schiuma a memoria di forma”, un polimero smart sviluppato da Noumenon che può essere compresso fino a 10 volte la sua dimensione originale. Gli oggetti fatti con questo materiale possono essere trasportati e stoccati in spazi ridottissimi e riportati alla loro dimensione originale solo quando è necessario utilizzarli, caricandoli con la corrente elettrica. Oppure nuove sorgenti luminose, come gli Oled, prodotti da Philips Lighting, che hanno uno spessore di un millimetro e generano una luce diffusa, morbida, ma sono freddi e si possono tenere in mano senza scottarsi. Possono essere integrati nel legno senza dover prevedere lo spazio per un dissipatore di calore ed entrare in contatto con la plastica senza raggiungere temperature critiche. In più sono “green”, perché vengono realizzati in vetro e altri materiali non inquinanti. C’erano anche nuovi sistemi per combattere la contraffazione delle merci. Come l’etichetta interattiva Younivocal, unica e irriproducibile in grado di rendere ogni prodotto unico al mondo. L’etichetta è associata a un certificato di firma digitale, pertanto non è falsificabile o riproducibile: in pratica un vero e proprio “passaporto elettronico del prodotto”. In caso di furto, il marchio può revocare il certificato contenuto all’interno di ogni singola etichetta in modo che il prodotto venga identificato come rubato. La Younivocal srl che l’ha brevettata, ha vinto il concorso Changemakers for Expo Milano 2015 attirando su di sé l’attenzione della Commissione Europea.