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Home » Impresa » LA STORIA/ L’azienda che vuol “conquistare” l’Italia crescendo all’estero

  • Impresa

LA STORIA/ L’azienda che vuol “conquistare” l’Italia crescendo all’estero

Int. Paolo Bentivoglio
Pubblicato 29 Maggio 2013
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Un teatro

PAOLO BENTIVOGLIO è direttore generale della Moretti Interholz, azienda che realizza grandi strutture in legno lamellare per impianti sportivi, teatri, centri commerciali e residenze

Paolo Bentivoglio è direttore generale della Moretti Interholz, azienda che realizza grandi strutture in legno lamellare per edifici di ogni tipo: impianti sportivi, teatri, centri commerciali, residenze, alberghi, luoghi di culto e così via. Per intercettarlo bisogna approfittare di uno scalo tecnico tra una trasferta in Spagna e una in Russia. Segno che l’azienda sta investendo molto sul versante dell’internazionalizzazione e comincia a raccogliere i primi frutti. A lui abbiamo chiesto di raccontarci come stanno andando le cose.


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Dopo aver inanellato una serie di successi in casa avete deciso di puntare sull’estero. Come mai questa decisione?

Le motivazioni principali sono due. Da un lato vediamo la necessità di andare all’estero per le difficoltà del mercato italiano.

La crisi è ancora profonda da noi?

Noi non ne abbiamo risentito in modo particolare, se non per niente, dal punto di vista del fatturato che in questi ultimi anni abbiamo sempre consolidato e anche leggermente incrementato. Diciamo che in prospettiva non volevamo trovarci scoperti.


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Il secondo motivo?

Pensiamo che puntare sull’estero ci consenta di aumentare la cultura d’impresa all’interno della nostra azienda. Perché ci impone degli sforzi, anche mentali, che non sono uguali a quelli che si fanno in un mercato che già conosci. In più ci permette di crescere meglio anche in Italia.

Ci vuole spiegare in che modo?

Dalle analisi che abbiamo fatto risulta che le aziende che crescono meglio in Italia sono quelle abituate a confrontarsi con il mercato globale.

Eravate già presenti sui mercati esteri?

No, non in modo strutturato. Abbiamo fatto qualche lavoretto spot, ma sempre dall’Italia, principalmente nel Canton Ticino.


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Prima accennava alle difficoltà del mercato italiano. A cosa si riferiva?

Mi riferivo alla crisi di liquidità che ci ha imposto di valutare attentamente i lavori in Italia. E che in alcuni casi ci ha portato a rifiutarne, proprio perché il credito non era garantito.

Con l’estero non c’è questo problema?

Non è che all’estero questo aspetto sia irrilevante. Però si parte dal presupposto che senza garanzie non si lavora.

All’estero che spazi di crescita ci sono per una realtà come la vostra?

Pensiamo che possano esserci spazi molto interessanti. Noi non vogliamo andare all’estero per esportare solo ed esclusivamente materiali. Vogliamo offrire un pacchetto completo con tutto il nostro know how: la progettazione, ovviamente la produzione, la realizzazione in loco, il montaggio, ecc.


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Come si fa a vendere all’estero un prodotto come il vostro?

Ogni Paese ha logiche d’approccio commerciali diverse. Se un Paese conosce già il nostro prodotto e lo usa, le logiche sono sostanzialmente simili alle nostre. Se si tratta invece di paesi nei quali la nostra filiera è presente allo stato embrionale, o è addirittura inesistente, l’approccio è completamente diverso. Come nei paesi emergenti, dove è necessario andare a trovare i clienti uno per uno.

 

Chi sono i vostri clienti?

 

Solitamente sono sviluppatori di grandi opere, piuttosto che imprese di costruzione, studi di progettazione o di architettura che pensano alla realizzazione di centri commerciali, impianti sportivi o altri tipi di edifici.


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Su quali paesi avete deciso di scommettere?

Abbiamo identificato paesi geograficamente vicini e già strutturati nel legno lamellare, come la Svizzera, un Paese che in ambito immobiliare sta tirando ancora molto. A questi abbiamo affiancato un paio di paesi emergenti, discretamente vicini, come Russia e Turchia. Infine, abbiamo identificato un Paese emergente, ma geograficamente più lontano, come il Brasile, nel quale lo sviluppo poteva essere di più lungo periodo. Man mano se ne aggiungono di nuovi, ma sempre seguendo questa filosofia.

 

Che obiettivi vi siete posti?


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Il processo di internazionalizzazione è iniziato nella primavera dello scorso anno. Sostanzialmente l’anno “uno” per noi è il 2013. E per il 2013 l’obiettivo che ci siamo dati è innanzitutto quello di consolidare le nostre partnership commerciali o industriali. Nel giro di cinque anni, progressivamente, puntiamo a passare da uno 0% sul fatturato estero a un 30% circa. In modo costante per i prossimi anni. Il 2013 potrebbe regalarci grosse soddisfazioni e potremmo addirittura andare ben oltre queste aspettative.

 

State raccogliendo i primi risultati?

Sì, li stiamo raccogliendo. Dobbiamo ancora formalizzare alcune proposte, ma certi contatti sono in una fase talmente avanzata che speriamo di concretizzarli al più presto. Se così fosse, potremmo arrivare già quest’anno all’obiettivo che ci eravamo dati.

 

Siete soddisfatti?

Sì, essendo solamente a maggio, siamo ottimisti. Bisogna vedere quanto riusciremo a ripetere questi risultati nel secondo anno. Se ce la facessimo, potremmo pensare di rivedere i nostri obiettivi, senza tuttavia stravolgerli.

 

Incontrate difficoltà?

Essendo un’azienda storicamente abituata a lavorare in Italia, stiamo facendo adesso le prime esperienze. Sicuramente stiamo affrontando delle difficoltà. Più che altro si tratta però della necessità di approfondire alcuni aspetti che finora non erano stati affrontati.

 

Ad esempio?

Prendiamo la progettazione: oggi deve fare i conti con normative di altri paesi, non solo con quella italiana. Oppure deve confrontarsi con un montaggio fatto a migliaia di chilometri di distanza, quindi con esigenze completamente diverse. Piuttosto che la parte contrattuale, che deve essere sviluppata secondo logiche internazionali. C’è poi l’aspetto della lingua che non è sempre banale. O anche la produzione che in certi ambienti deve preoccuparsi di proteggere il legno in ambienti molto aggressivi rispetto a quelli che si trovano in Italia. Tutta l’azienda si sta internazionalizzando, a tutti i livelli. E tutto ciò sta facendo crescere molto l’intera organizzazione.

 

Chi sono i vostri concorrenti?

Anche all’estero ritroviamo i competitor classici, gli stessi che ci sono da noi. Le difficoltà che si incontrano sul mercato interno spingono un po’ tutti a guardare all’estero. L’estero, per fortuna, è così grande che molto raro che ci si trovi a concorrere sullo stesso lavoro.

 

Concorrenti locali?

In alcuni paesi come la Svizzera, la concorrenza è molto forte da parte di tedeschi e austriaci. Per quanto riguarda invece i paesi emergenti, possono esserci piccolissimi competitor locali, che però lo sono solo per l’eventuale fornitura del prodotto, ma fanno fatica a offrire un servizio come il nostro. È difficile trovare un know-how come il nostro in questi paesi. Inoltre, avendo una produzione molto limitata, hanno prezzi molto alti.

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