Bio-House è un’azienda di costruzioni in bioedilizia tra le più affermate in Italia. Al suo attivo ha oltre 40 progetti realizzati soprattutto nel nord-est d’Italia. A Montebelluna ha edificato una delle prime passive house italiane estremizzando il concetto di risparmio energetico. La storia di Bio-House nasce dalla volontà di due soci che, dopo aver maturato assieme più di cinquant’anni d’esperienza nella progettazione e direzione di cantiere nell’edilizia tradizionale, nel 2004 decidono di intraprendere la strada della bioedilizia. Una scelta motivata dal desiderio di risolvere le problematiche che affliggono i progetti di edilizia tradizionale; in primis il rispetto delle tempistiche di realizzazione, il rispetto dei preventivi, la gestione delle varie figure che entrano ed escono dal cantiere e, soprattutto, la snervante posizione del committente che non vede concretizzarsi le premesse a monte del progetto. «In dieci anni – racconta in questa intervista Diego Giacca, amministratore delegato dell’azienda – la mentalità è completamente cambiata. Se prima parlare di case in legno significava rivolgersi a un target ristrettissimo di qualche fanatico della biocompatibilità o della ecosostenibilità, oggi, se torna un minimo di ottimismo, il mercato delle case in legno esploderà».
Come avete chiuso il 2013?
Abbiamo lavorato tanto a livello di preventivi, ma abbiamo anche avuto maggiori riscontri rispetto al 2012. Bisogna dire che adesso siamo anche più conosciuti rispetto al passato. Abbiamo dei dati che dicono + 54,32% di contratti chiusi rispetto al 2012.
È la conferma che il vostro settore continua a tirare. Ci sono ancora margini di sviluppo?
Sicuramente sì. Cresce la sensibilità del pubblico e anche le richieste stanno aumentando. Da parte nostra abbiamo affinato le strategie e anche per questo è aumentata la percentuale dei preventivi che riusciamo a chiudere.
Chi è e cosa chiede il vostro cliente tipo?
È una famiglia che abita in case unifamiliari o bifamiliari. Qualche volta ci capita di fare asili, ma il nostro target al 99% è la famiglia.
Che materiali utilizzate nelle vostre costruzioni?
Usiamo materiali ecologici. I nostri fabbricati non vanno in contrasto con la salute dell’uomo: nelle nostre case si vive bene e si vive in salute. Dall’altro lato le nostre case sono anche ecosostenibili all’80%. Chiaro che ci sono materiali che lo sono di meno, come la lana di roccia che usiamo per fare il cappotto, piuttosto che il pannello di isolamento al piede della muratura che è fatto in materiale sintetico. Ma in quei casi pensiamo che la casa debba anche essere duratura, resistente e garantire l’investimento nel corso degli anni. Pretendere l’ecosostenibile al 100% significa rischiare di avere un prodotto che nel futuro potrebbe avere problemi dal punto di vista tecnico. In più…
In più?
I materiali che usiamo non sono velenosi. Quest’anno Bio-House è diventata socio dell’Anab (Associazione Nazionale Architettura Biologica, ndr).
Piacciono le vostre case?
Direi di sì. Oltre alla salubrità, al risparmio energetico, all’economicità, per noi è molto importante anche l’aspetto estetico. A questo proposito abbiamo avviato percorsi con nostri architetti per rendere il prodotto non solo ecosostenibile, ecocompatibile, tecnologicamente avanzato e duraturo, ma anche gradevole.
Se viene da voi un cliente con un progetto che intende realizzare, cosa fate?
Abbiamo un catalogo di modelli che servono come punto di partenza per iniziare con i cliente un percorso di crescita di un progetto. In pratica il cliente che viene da noi dice qual è il modello che gli piace. Poi, essendo noi progettisti entriamo nello specifico, tenendo conto ad esempio del luogo dove sorgerà la casa. Spesso il progetto viene variato tenendo conto delle indicazioni del cliente ma adattandole alle condizioni in cui ci troviamo a operare. Se ad esempio il modellino scelto al cliente va bene per un terreno da 1000 metri quadri e quello del cliente è solo di 500, è chiaro che quel modello va riadattato.
Di recente la Commissione europea ha stabilito che entro il 2030 i paesi europei dovranno ridurre del 40% le emissioni di CO2 e dovranno investire nelle energie rinnovabili che dovranno arrivare al 27% del totale entro la stessa data. È una buona notizia per voi, no?
Sicuramente. Costringe innanzitutto a lavorare sull’involucro, anche se il nostro è già molto performante e fa consumare poco. Poi obbliga a intervenire sulla fonte energetica, nel nostro caso sull’ex caldaia, passando a fonti alternative come le pompe di calore, VMC (ventilazione meccanica controllata, ndr) o altri generi collegati che possono essere il fotovoltaico, solaio termico, biotermia, termodinamico, che chiaramente non emettono CO2 in atmosfera. Ma sul fronte della normativa c’è anche un’altra cosa interessante.
A cosa si riferisce?
Nella primavera dell’anno scorso il Consiglio dei Ministri ha recepito la circolare europea sulle case a consumo quasi zero che praticamente impone di costruire abitazioni quasi passive. Che significa per l’acqua sanitaria e il riscaldamento avere un consumo energetico inferiore a 10 kilowatt per metro quadro annuo. Mentre nell’attuale normativa italiana siamo nell’ordine dei 90 kw. Al 2020 mancano ancora sei anni, ma che fanno anche presto a passare. Nel 2020 le case dovranno avere un consumo pari a un sesto di quello attuale. Una cosa che sembra quasi impossibile e che non ha nulla a che vedere con le case tradizionali che si costruiscono oggi.
Voi a che punto siete?
Noi stiamo già realizzando case di questo genere. Una delle prime 10 passive house italiane è qui a Montebelluna: è lì che estremizzeremo il concetto portando il consumo al di sotto di 10 kw. Il nostro segreto è quello di anticipare i tempi e già da due anni stiamo lavorando per raggiungere quegli obiettivi.
Che prospettive di sviluppo ha Bio-House?
Siamo un’azienda giovane che ha tanta voglia di crescere. Io, che ho 44 anni, ho l’entusiasmo del primo giorno, se non di più. E posso contare sull’entusiasmo dei miei collaboratori: la prima cosa su cui ho investito sono stati loro. Bio-House non ha ancora finito di crescere insomma. Il futuro dipenderà evidentemente da tante cose: da chi ci governa, dalle condizioni bancarie, ecc., tutti fattori che difficilmente si possono prevedere. Certo che se torna un minimo di ottimismo, il mercato delle case in legno esploderà. In dieci anni che sviluppo questo prodotto la mentalità della gente è completamente cambiata.
In che modo?
Se dieci anni fa parlare di case in legno significava rivolgersi a un target ristrettissimo di qualche fanatico della biocompatibilità o della ecosostenibilità, qualche vecchio hippy o cose simili, oggi il target secondo me si avvicina al 30% o giù di lì.