Una disoccupazione giovanile che spaventa quella che si registra in Cina. Zhang Dandan, professore dell’Università di Pechino, sulle colonne della prestigiosa rivista Caixin Global aveva snocciolato numeri incredibili. “La disoccupazione giovanile in Cina ha sfiorato, nel mese di marzo, quota 50 per cento”: una cifra allarmante che però collide con quella ufficiale dell’Ufficio nazionale di statistica, secondo il quale il tasso sarebbe attorno al 19 per cento. Sarà proprio per questo che l’articolo con le dichiarazioni di Dandan è presto sparito dal web, non prima di arrivare però agli occhi di altri Paesi.
La Cina non deve fare i conti solamente con la disoccupazione dei giovanissimi ma anche con un problema bel più grave, che rischia di inceppare la trasformazione del suo sistema produttivo: il colosso cinese ha infatti l’ambizione di diventare una potenza hi-tech. I numeri sono preoccupanti anche per ciò che riguarda la disoccupazione intellettuale: sono infatti tantissimi i giovani istruiti a non trovare lavoro mentre l’economia del Paese sta conoscendo una fase di forte rallentamento, spiega Avvenire. Negli ultimi decenni è cresciuto il numero di giovani laureati ma all’aumento dei “dottori” non è seguito quello degli occupati. Sempre più istruiti, dunque, non lavorano.
Perché in Cina i giovani laureati non lavorano
La Cina ha investito nell’istruzione negli ultimi decenni. Come riporta Asia Times, all’inizio del secolo Pechino contava un milione di laureati. Negli anni la cifra ha visto un aumento vertiginoso: nel 2023 i laureati hanno toccato quota 11,6 milioni, mentre l’anno precedente era di 10,76 milioni. Il think tank Council on foreign relations, analizzando la situazione, spiega che finché verrà privilegiato il settore edilizio e trascurato quelle dei servizi, la situazione non migliorerà. Infatti il Partito sembra poco incline a investire del terziario: dunque è difficile che i laureati trovino lavoro. La disoccupazione giovanile è solo uno dei problemi dell’economia cinese: tra questi c’è anche lo smottamento democrafico.
Infatti la politica del figlio unico è stata abbandonata ma non c’è stata un’inversione demografica. Come riportato da Bloomberg, “il cambiamento demografico è stato il “fattore trainante” del calo occupazionale del 2022, con la popolazione in età pensionabile aumentata drasticamente”. La popolazione cinese in età lavorativa ha raggiunto il picco nel 2014: da allora è cominciato un declino, apparentemente inarrestabile. Secondo una stima delle Nazioni Unite, entro il 2100 la Cina avrà una forza lavoro inferiore a 400 milioni, come spiega Avvenire.