L’arcivescovo di Smirne, in Turchia, Martin Kmetec ha parlato della celebrazione del Natale nella terra in cui sono ancora evidenti i segni della Chiesa delle origini, ma che si è progressivamente svuotata dei suoi fedeli cristiani. Una celebrazione che, nonostante i pochi fedeli, “è molto partecipata” e che nella messa del 24 dicembre vede la partecipazione di “tante persone che vivono qui come ospiti, turisti, lavoratori, militari della Base Nato”. Il Natale in Turchia, insomma, sottolinea l’arcivescovo Kmetec è “molto internazionale [e] rappresenta la famiglia umana”, mentre “i fratelli e le sorelle cattolici di riti orientali sono pochissimo, molto dispersi”, specialmente tra Istanbul e l’Anatolia.
Arcivescovo Kmetec: “Il Natale in Turchia lo festeggiamo tra le macerie”
La celebrazione del Natale in Turchia quest’anno, spiega ancora l’arcivescovo Kmetec, sarà umile, ma non per questo farà a meno del tradizionale presepe. Infatti, spiega, i presepi locali “sono molto semplici ed essenziali, esprimono la nostra situazione”, come nel caso di quello fatto “nella chiesa dedicata a San Policarpo, gravemente danneggiata dal terremoto dell’ottobre 2020″ che è stato allestito con “materiali di recupero tratti dalle macerie. La stiamo restaurando da un anno”, spiega, “perché abbiamo atteso i permessi”.
Il ruolo ecclesiastico che l’arcivescovo Kmetec ricopre in Turchia, spiega, “è il secondo dopo che ho potuto avere nella mia esistenza, preceduto dalla grazia di credere in Gesù Cristo“. Si sente, sottolinea, “un pastore che va davanti alle pecore, anche al piccolo gregge, per portarlo verso le sorgenti della vita”. Un gregge piccolo soprattutto perché, complessivamente, su tutto il territorio della Turchia, spiega l’arcivescovo Kmetec “abbiamo 12 chiese, di cui 7 parrocchie, con meno di 5mila fedeli; 15 sacerdoti stranieri e missionari, tra religiosi e fidei sonum; 12 religiose e una consacrata dell’Ordo virginum”. Vi sono, inoltre, “due giovani di origine turca [che] studiano teologia, uno ha cominciato quest’anno a Roma e l’altro è al terzo anno a Vienna: saranno sacerdoti diocesani” e così, conclude il religioso, “la Chiesa sta prendendo un volto turco“.