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Home » Politica » INCHIESTA MILANO/ L’effetto-Pm sul mercato immobiliare: come cambiano gli affari in città

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INCHIESTA MILANO/ L’effetto-Pm sul mercato immobiliare: come cambiano gli affari in città

Int. Vincenzo Albanese
Pubblicato 25 Luglio 2025
Sindaco Sala in Consiglio Comunale

Giuseppe Sala, il sindaco di Milano interviene in Consiglio Comunale dopo l'inchiesta sull'urbanistica (ANSA 2025, Mourad Balti Touati)

Così è cambiato il mercato immobiliare nell’era Sala. Ora le compravendite rischiano una frenata e i prezzi si alzeranno. Ma Milano deve ingrandirsi

 

Milano che pensa ai grandi interventi e non alle necessità della classe medio-bassa. Ma che, per far questo e garantire immobili di qualità, deve allargarsi fuori dai suoi confini, dove i prezzi scendono anche se gli immobili sono di sicuro valore. I problemi del mercato immobiliare, spiega Vincenzo Albanese, presidente di FIMAA (Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari) di Milano, Monza e Brianza, tuttavia non sono tutti addebitabili a Sala.


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È mancata sicuramente un po’ di visione sulla città, la considerazione della situazione, delle esigenze e delle disponibilità di altre fasce della popolazione, oltre a quella degli alto spendenti. Ora l’inchiesta sull’urbanistica potrebbe creare difficoltà al mercato, facendo aumentare i prezzi sia dei prodotti di nuova costruzione che dell’usato.


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Come è cambiato il mercato immobiliare con le politiche urbanistiche di Sala?

Il mercato di Milano è cambiato negli ultimi 15 anni. Tutto quello che è accaduto ha avuto un’accelerazione dopo Expo, che ha portato la città alla ribalta, mettendola in mostra per le sue capacità organizzative e proiettandola in un’altra dimensione, al pari di altre città simili per capacità di promuovere eventi. Questa situazione ha impattato nel territorio: i valori immobiliari sono saliti, ma è mancata l’attenzione sulla realtà locale. E non solo per colpa di Sala.

Ci sono istituzioni che avrebbero dovuto dire la loro e sono rimaste in disparte. Faccio un esempio: il problema degli universitari non si è evidenziato solo recentemente. Se aumentano le matricole, bisogna porsi il problema di dove collocarle. Milano è diventata un hub di transito, perché ha le migliori università italiane, anche se poi le persone che studiano qui non si trattengono, vanno all’estero. Ma qui non è mancata solo l’amministrazione.


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La vicenda degli universitari cosa insegna?

Il discorso del caro affitti in una città come Milano si evidenzia ancora di più perché la città è troppo piccola. Come dimensioni può essere considerata come un quartiere di Parigi. Credo che una politica abitativa adeguata debba portare a dividere il mercato in fasce. Una di alto spendenti, che è comunque contenuta perché rappresenta il 5% dei soggetti. Poi abbiamo una fascia media che in questo momento sta pagando la maggior parte dei problemi.

Quindi una fascia bassa, che ha bisogno della casa, dell’affitto per lavorare. Non sono i privati che possono andare incontro a questi soggetti: è qui che c’è bisogno di una politica abitativa, mentre negli ultimi vent’anni non si è mai fatto attenzione a questa fascia del mercato.

Perché in questi 15 anni si è prestato attenzione ai grandi interventi e non alle esigenze dei ceti medio-bassi?

L’ascensore sociale che si era creato fino agli anni 2000 è stato un po’ abbandonato: gli stipendi in Italia sono rimasti fermi a quel periodo, mentre i valori degli immobili si sono alzati, mettendo fuori gioco parte della clientela. Alcuni sono rientrati “dalla finestra” perché i tassi di interesse si sono abbassati, dando l’opportunità a molti di diventare proprietari di casa. C’è stato un momento in cui, per chi faceva mutui a 20 anni, non si arrivava all’1% di interesse. Oggi, secondo me, i tassi sono ancora molto buoni perché su un mutuo ventennale o trentennale ci possono essere tassi sotto il 3%. Però ci sono anche altri ostacoli: l’inflazione, per esempio, non è stata riassorbita dai salari.

Nei 15 anni in cui è cambiata la città cosa è cambiato nel mercato a livello di costi e vendite? Cosa è stato venduto di più?

Normalmente Milano gira intorno alle 25.000-27.000 transazioni. Il mercato milanese è composto da più dell’80% di unità usate e un 20-25%, leggermente aumentato negli ultimi 3-4 anni, di prodotto nuovo. C’era proprio una tendenza ad andare verso l’acquisto del nuovo. Poi c’è stato il Covid e un’impennata dei valori per gli aumenti delle materie prime, anche questi non ancora assorbiti: si è consolidata la tendenza di un aumento dei valori immobiliari, in particolare per i prodotti di nuova costruzione.

Ma su questo ha inciso anche il tipo di immobili che con la politica di Sala è stato costruito?

I primi progetti che possiamo prendere come benchmark di riferimento sono stati Porta Nuova e Citylife, che hanno fatto scattare la molla per i prodotti di una certa qualità. All’epoca, però, non c’era certo Sala, che arrivò dopo l’Expo. Il sindaco forse sta pagando lo scotto di una situazione che andava governata in maniera diversa. Dopo il Covid si è perso un po’ il controllo anche della macchina comunale: con gli uffici e l’urbanistica è stato sempre complicato riuscire a parlare.

Il ricorso alla Scia e ad altri strumenti era per innescare un’operatività che altrimenti, se avesse preso la via degli uffici, sarebbe diventata ingovernabile e con tempistiche non gestibili. Sala avrà le sue colpe, ma il vero problema dell’amministrazione era il resto della giunta e come era strutturata: mancava un po’ di visione; c’è stata una visione forse un po’ limitata su quello che erano le necessità della città.

Milano è diventata una città per ricchi?

È una città attrattiva. Se chi è alto spendente, chi guadagna minimo 300 mila euro all’anno, rientra dall’estero e decide di portare la sua famiglia a Milano, perché lo fa? Non credo solo per una questione fiscale, ci sono altre soluzioni per questo in giro per il mondo. Secondo me sceglie Milano perché, nonostante i problemi che possono esserci di sicurezza, è una città piccola in cui si vive bene, che dispone delle migliori università, di una buona sanità. Altrimenti si può andare a Dubai, Montecarlo, in Costa Azzurra. Comprare un appartamento a Parigi in alcune zone è molto più caro che a Milano.

In che cosa deve migliorare, invece, Milano?

Bisogna pensare a una città con una dimensione diversa. Con le aree che ci sono non si riuscirà mai ad avere a Milano un prodotto di fascia media da 3.500-4.000 euro al metro quadrato. Ormai anche nelle zone fuori dalla circonvallazione siamo a valori intorno ai 5-6 mila euro. Però un chilometro fuori dal confine della città trovo prodotti da 3.500-3.800 euro al metro con immobili nuovi che sono esattamente della stessa qualità.

Questo allargamento favorirebbe naturalmente il ceto medio-basso, rendendo disponibili case di qualità a prezzi inferiori?

Ormai quello che si costruisce a Milano lo si costruisce a Segrate, Assago, Rozzano. In città parliamo di singoli edifici di 20-30 appartamenti, perché questo si costruisce a Milano: le iniziative da mille appartamenti non ci sono, non c’è il territorio per questo tipo di interventi.

Prevedete effetti dell’inchiesta sul vostro lavoro, sulle compravendite?

Sicuramente sì, in particolare sul prodotto di nuova costruzione. Intanto c’è un problema di valori, perché è normale che se mi manca il prodotto per quel poco che c’è, i prezzi tendono ad alzarsi. Un investitore che viene a comprare a Milano oggi case di nuova costruzione è molto diffidente, ma sfido chiunque a non esserlo in una situazione del genere. Anche perché, se si compra un bilocale a Reggio Emilia, lo si paga 130 mila euro, a Milano 380 mila.

Su prodotti di nuova costruzione il mercato rischia la totale paralisi. Allo stesso tempo, quel poco prodotto usato che sarà a disposizione, per qualità e posizione, conoscerà a sua volta un incremento dei valori, proprio perché mancano le nuove costruzioni.

La situazione di incertezza legata all’inchiesta quali altri effetti potrà avere?

Sicuramente rallenterà tutto, in alcune situazioni fermerà tutto. Anche gli investitori internazionali non si vedono più. Gli operatori locali, da parte loro, dovranno far conto solo sulle proprie forze. Alcuni che hanno strutture pesanti dovranno alleggerirsi. Tutta la filiera avrà un impatto. Purtroppo, non avremo prezzi in discesa.

(Paolo Rossetti)

 

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Tags: Giuseppe Sala

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