L’inchiesta che vede coinvolto in Calabria il presidente della regione dimissionario Roberto Occhiuto è un altro tassello del piano dei pm

Occhiuto in Calabria si gioca il tutto per tutto. Dopo essere finito sotto inchiesta per presunta corruzione, dopo aver parlato sotto interrogatorio con i giudici che lo indagano, ha preso una decisione politicamente molto azzardata. Dimettersi e chiedere il voto per poter andare avanti. Ma perché?

Perché un governatore indagato, senza misure cautelari, avverte il bisogno di un nuovo consenso popolare a pochi anni dalla sua elezione. Perché un uomo moderato che ha sempre mostrato rispetto per i giudici decide di andare dal popolo a chiedere di proseguire invece che affidarsi ai magistrati.



Perché i partiti di maggioranza, tra cui la Lega di Salvini in prima fila, lo appoggiano nella scelta invece di trovare un altro nome, litigando eventualmente come per il Veneto o la Lombardia.

Perché Occhiuto, invece di fare un passo indietro, avverte che la sua mossa è opportuna, e sfidante.

La risposta potrebbe essere nei tanti focolai di indagine che oggi sono aperti in Italia sui politici. Non c’è regione del nostro Paese in cui le procure non indaghino sui politici. Il centrodestra è sotto pressione in Liguria, Calabria e Sicilia. Il Pd a Milano, Pesaro e nella regione Puglia.



Oggi, questa è la tesi, le tangenti sono consulenze fatturate, le scelte degli amministratori illecite se finalizzate anche solo a creare consenso, e la corruzione, nelle tesi dei magistrati, è il solo collante che tiene assieme i partiti. Che senso avrebbero queste organizzazioni se non spartire tangenti, visto il numero di inchieste che si susseguono?

Insomma il solito schema. Politici tutti corrotti, inquirenti paladini del giusto, popolo attonito in attesa del messia puro che li guidi.

Molti sperano funzioni. Come ai tempi di Tangentopoli. E molti tra i magistrati auspicano una sollevazione popolare che affossi l’unica cosa che hanno a cuore, ovvero, la riforma della giustizia.



Sperano di tirarsi il popolo dalla loro e far bocciare la riforma, screditando i politici locali, i più indifesi, con inchieste che mirano a fare piazza pulita degli avversari. Ogni contatto tra politici e terze parti diviene fonte di prova di un’ipotetica corruzione, ogni relazione un torbido intreccio.

Solo che poi non sempre finisce così nelle aule quando tutti gli atti vanno letti ed i fatti provati.

Il punto è che la riforma è vicina ed ora non c’è tempo per che vuole evitarla. Va costruito un partito di fatto che difenda i magistrati, e guidi il popolo, per dare ai pubblici ministeri la certezza che nulla cambi. Serve il popolo per bocciare il referendum. Un popolo indignato.

E forse, anche per questo, Occhiuto e la sua parte politica voglio andare fino in fondo. Capite, verificare dove sta il popolo, vedere se conferma la fiducia alla politica o si fa trascinare dei giudici. Quella di Occhiuto non pare quindi più tanto un azzardo arrogante, quanto la scelta consapevole.  O la politica va in quella direzione o si perde la lotta più importante per i prossimi decenni. Quella, appunto, tra politica e magistratura. Solo che anche stavolta deciderà il popolo. Come sempre, si spera.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI