L’invasione dell’IDF per occupare Gaza rende ancora più disumane le condizioni dei palestinesi, perennemente in fuga per evitare le bombe
A metà pomeriggio di ieri i morti erano già 70, a sera sono arrivati a 91, un triste bollettino giornaliero a cui Gaza purtroppo è abituata. Eppure stavolta la situazione, se possibile, è peggiorata: l’IDF ha dato il via a un’operazione di terra e di cielo per occupare definitivamente la città, mentre il ministro della Difesa israeliano Katz dichiara che Gaza brucia e minaccia Hamas di disarmare e rilasciare gli ostaggi, pena la distruzione di quello che ancora c’è da distruggere in un’area già devastata.
La gente, racconta padre Ibrahim Faltas, della Custodia di Terra Santa, dorme e vive per strada e non sa dove andare, scappa da un bombardamento all’altro in continuazione. E anche coloro che vorrebbero andarsene non possono farlo: dalla Striscia non si riesce a far uscire neanche i malati, i feriti, gli anziani, i disabili. Tutti inchiodati a una realtà che da due anni non offre alcuna speranza. Una realtà fatta di orfani, di persone che muoiono di fame, di lacrime. Con la sensazione che nessuno possa fare niente per bloccare questa maledetta guerra.
Com’è la situazione a Gaza dopo l’inizio dell’operazione militare per occuparla?
Intanto non arriva nessun aiuto. È un inferno, veramente un inferno. La gente non sa dove deve andare. I bambini lo chiedono ai loro genitori: “Dove andiamo, dove andremo?”. Ma non c’è risposta.
Da Gaza City se ne sarebbero andate 300mila persone, ma ce ne sono altre 700mila. Ora stanno costringendo a muoversi anche loro?
Non possono rimanere, ci sono bombardamenti dappertutto. Ho sentito alcuni di coloro che sono rimasti e mi hanno raccontato che è così in ogni angolo della città. Le persone non fanno altro che scappare da un quartiere all’altro: chi si salva, si salva.
Ma chi scappa viene indirizzato verso sud, come dicevano i piani resi noti per l’evacuazione di Gaza?
Chi scappa non sa dove scappare, perché da qualsiasi parte si vada ci si imbatte in un bombardamento. La gente di Gaza che ho sentito è letteralmente disperata: piangono, stanno malissimo, dicono di vivere in un inferno.
Ma ci sono almeno delle tende per dare riparo a qualcuno?
Non c’è niente, tutte le abitazioni sono state distrutte, spesso rase al suolo. Le persone che si spostano, anche per diversi chilometri, per riuscire a prendere del pane per sé e per la propria famiglia devono farlo sotto il sole e sopportando un caldo torrido. Per far questo rischiano la vita: mi hanno raccontato di persone uccise mentre erano in fila per avere del cibo e di altre che sono andate a prenderlo, ma quando sono tornate dai loro familiari li hanno trovati senza vita. Gli aiuti che arrivano sono pochissimi e, per averli, bisogna mettere in conto anche questo pericolo.
Non si muore solo per un ordigno o una pallottola, ma anche per la fame. Cosa sta succedendo sotto questo aspetto?
Si parla ormai di 150 bambini che sono morti di fame. Ma la stessa sorte è capitata anche alle persone più anziane. In tutto le persone decedute perché non avevano abbastanza da mangiare sono 500. Non c’è più possibilità di assistenza sanitaria, né ospedale cui rivolgersi, nemmeno medicine.
Le persone che si sono rifugiate nella parrocchia latina come stanno?
Relativamente alla situazione, bene. I bombardamenti sono ancora lontani da loro, anche se non molto, a 200 metri.
I Paesi vicini alla Striscia, quelli nei quali i palestinesi messi in fuga da Gaza potrebbero andare, come stanno reagendo?
Il presidente egiziano Al Sisi si è detto preoccupato per la tenuta degli accordi di pace che sono stati stipulati con Israele: lo ha detto chiaro e tondo all’incontro dell’Organizzazione di cooperazione islamica che si è appena svolto in Qatar. Si teme che questa guerra si allarghi.
Neanche le persone che si sono rifugiate al sud della Striscia riescono ad avere un qualche riparo di fortuna?
La gente cerca di sopravvivere, non c’è nessuna struttura, solo distruzione. A Gaza non c’è nessun posto sicuro.
Ma i palestinesi vogliono andarsene da lì?
Tanti malati vorrebbero uscire, anche molti bambini malati. Siamo riusciti a mandare in Italia alcuni di loro, ma poi non abbiamo più avuto la possibilità di organizzare viaggi anche per altri che avevano bisogno. Ci stiamo lavorando, ma è difficile. Ci sono anche studenti che hanno delle borse di studio che vorrebbero poter utilizzare, la realtà è che li tengono lì.
Che futuro può aspettarsi la gente di Gaza? Quando finirà questa operazione sarà cacciata?
Non so dare una risposta. Per ora le persone vivono in condizioni disumane. L’IDF chiede loro di spostarsi, la gente cerca di andarsene, ma c’è anche chi è costretto a rimanere, chi non riesce a camminare: muoiono per questo. Non ci sono solo feriti e anziani, ma anche molti disabili. E tanti bambini che non hanno nessuno, che sono orfani e che sono in giro senza avere un punto di riferimento. Abbiamo visto tutti le torri che sono state abbattute in questi giorni: quante migliaia di persone ci abitavano? E dove vanno adesso?
(Paolo Rossetti)
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