Tre notizie insieme, e tutte nella stessa direzione: c’è una politica dell’industria alimentare che sta segnando il passo. La prima notizia è quella della nuova legge sull’etichettatura obbligatoria approvata all’unanimità della Commissione agricoltura in sede legislativa. Con essa e con le norme attuative, dovrà essere indicato in etichetta l’origine dei prodotti non trasformati; per quelli trasformati occorre invece indicare sia l’origine della materia prima sia il luogo dell’ultima trasformazione. Giro di vite anche sulla pubblicità che dovrà permettere al consumatore di capire la provenienza del prodotto. Che dire ? Era una legge che avevamo auspicato la scorsa settimana quando scoppiò il caso diossina e finalmente è andata in porto. Ma Federalimentare, non ci sta e sul Sole 24 Ore si legge che la legge potrebbe aumentare i vincoli produttivi e aumentare i costi per le imprese di circa il 15%. (Cos’è una minaccia ?).
La seconda notizia è l’annuncio, per il prossimo 22 gennaio, dello sciopero dell’aranciata lanciato da Adiconsum e Lega Consumatori. Si sono schierate con la Coldiretti della Calabria che pochi giorni fa aveva chiesto alle industrie di aumentare il succo di arancia presente nella bevanda per migliorarla qualitativamente e aiutare l’agricoltura. Secondo le associazioni dei consumatori, infatti, “i consumatori pagano in modo abnorme una bevanda che con le arance ha ben poco a che fare”. A questo punto voglio vedere se anche qui, per un po’ di arancia in più, il rischio sarà che i costi saliranno del 15%.
La terza notizia arriva dalla Lombardia ed è la guerra del formaggio Bitto: la Valgerola si ribella alle maglie troppo larghe che a detta del presidente del Consorzio del Bitto storico Paolo Ciapparelli – intervistato oggi su QN – mettono sullo stesso piano produzione
industriale e formaggi di montagna. Cepparelli infatti sostiene che la denominazione produca una standardizzazione del prodotto a favore di chi fa i grandi numeri e lancia la proposta: uscire dall’area della Valtellina e creare un sodalizio con i produttori di montagna della Bergamasca. Il nome è già pronto: “Bitto dei Tre signori” dal nome del monte omonimo.
Dunque tre notizie, una dietro l’altra, che mettono sotto accusa atteggiamenti e processi industriali. Ora, certamente qualche grosso pesce si è già messo in moto per trovare coperture politiche a Bruxelles e umiliare il nostro Paese, nel segno del gattopardismo, ma anche se gli industriali vincessero una battaglia con le loro lobby, oggi devono prendere in qualche modo atto che la festa è finita: hanno tirato troppo la corda. Le industrie ci devono dire la verità sulle materia prime (costa il 15% in più un’etichetta o è il costo per coprire cose che non dobbiamo sapere?). E ancora: le aranciate anemiche e molte altre bibite, persino certe birre, stanno accusando il colpo di un ritorno all’originalità, che è una storia tutta recente, salutata da un successo già scritto, perché quando si tira troppo la corda per ottenere maggior valore aggiunto ci si trova con un pugno di mosche in mano.
E infine, sotto accusa, c’è pure un Dop che alla fine viene accusata di essere fatta a modello di interessi ben precisi. Cari industriali dell’agroalimentare, dateci retta: fate un passo indietro, il patto col consumatore, la fiducia accordata, il silenzio mantenuto a suon di investimenti pubblicitari stanno per saltare. E certe difese d’ufficio, nonostante i favori di una Ue degli interessi e non dei popoli, sono già anacronistiche.