Procedono i colloqui di pace tra Israele e Hamas: i palestinesi accettano il disarmo, ma rifiutano l'ipotesi di Tony Blair governatore della Striscia

Stando alle voci dei media locali – con i mediatori che per ora osservano un fermo silenzio stampa – sarebbero stati abbastanza positivi i primi colloqui diretti tra Israele e Hamas che si sono tenuti nella giornata di ieri a Sharm el-Sheikh condotti sotto la guida dell’Egitto e del Qatar e incentrati largamente sul piano di pace proposto dallo statunitense Donald Trump: colloqui – possiamo immaginare – che saranno particolarmente complessi e che proseguiranno nel pomeriggio di oggi per sciogliere i tanti nodi rimasti ancora aperti.



In particolare, sembra che dal conto di Israele il punto principale di attrito rispetto al piano di Trump sarebbe il richiesto completo ritiro dell’IDF da Gaza prima che la minaccia palestinese sia stata completamente debellata; mentre dal conto loro i miliziani di Hamas hanno avanzato diverse perplessità e richieste: in particolare, in punto che potrebbe rivelarsi più difficile da realizzare è la richiesta di aggiungere altri sei nomi ai detenuti che Tel Aviv dovrebbe liberare in cambio della fine delle ostilità a Gaza.



Le voci sul colloquio Israele-Hamas a Sharm: secondo il Qatar restano ancora molti punti da chiarire

Sempre riferendoci a quello che emerge a mezzo stampa in queste ore, durante le trattative di ieri a Sharm Hamas avrebbe accettato il suo completo disarmo e la consegna delle armi a Tel Aviv, ma avrebbe al contempo rifiutato fermamente l’idea che ad assumere il ruolo di governatore a Gaza sia l’ex primo ministro britannico Tony Blair: per i palestinesi la via da percorrere sarebbe quella di consegnare il governo nelle mani dell’Autorità nazionale palestinese, con Blair che potrebbe – al più – assumere un ruolo di “monitoraggio a distanza” della situazione.



Murales in Yemen coi leader di Hamas, Yahya Sinwar Ismail Haniyeh (ANSA-EPA 2025)

Non solo, perché i miliziani palestinesi hanno chiesto anche come condizione fondamentale per arrivare a una pace concreta e durature che Israele – dopo il cessate il fuoco – ritiri interamente il suo esercito “dalle aree chiave e dai quartieri residenziali” della Striscia: una richiesta alla quale sarebbe stato subordinato il rilascio degli ostaggi ancora detenuti a Gaza e l’aggiunta dei sei nomi ai quali facevamo riferimento prima.

Piuttosto cauti – nel frattempo – i mediatori del Qatar che ad alcuni giornalisti locali avrebbero parlato di un contesto nel quale “tutte le parti vogliono raggiungere un accordo“, ma sul quale sarebbe ancora “troppo presto” per dirsi “ottimisti o pessimisti”: secondo i mediatori, infatti, resterebbero ancora numerosi “dettagli del piano di Trump” da definire, a partire dall’effettivo meccanismo per la liberazione degli ostaggi di Israele e dei detenuti di Hamas, oltre che sull’ingresso degli aiuti umanitari.