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Home » Esteri » Medio Oriente » ISRAELE INVADE GAZA CITY/ “Poi toccherà alla Cisgiordania. Anche i Paesi islamici nel mirino di Netanyahu”

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ISRAELE INVADE GAZA CITY/ “Poi toccherà alla Cisgiordania. Anche i Paesi islamici nel mirino di Netanyahu”

Int. Camille Eid
Pubblicato 16 Settembre 2025
Gaza City

Gaza City, 15 settembre 2025. Israele ha appena colpito la torre residenziale di Al-Ghafari (Ansa)

Israele ha iniziato con raid e bombe l'occupazione di Gaza su vasta scala. Poi toccherà alla Cisgiordania. Niente di fatto dai Paesi arabi e islamici

Israele ha dato il via ad una massiccia operazione “bis” nella Striscia di Gaza. Nella serata di ieri i tank dell’IDF sono entrati in forze a Gaza City e una quarantina di attacchi aerei hanno intensificato i bombardamenti, imprimendo una svolta alla strategia distruttiva.

È l’operazione “Carri di Gedeone 2”. In questo modo il governo Netanyahu intende accelerare l’esodo dei palestinesi rimasti, circa 700mila, di cui 320mila attualmente nella parte meridionale della Striscia. Lunghe file di abitanti di Gaza City stanno abbandonando la città, un esodo che se non ordinato potrebbe diventare apocalittico. Intanto Hamas avrebbe spostato all’esterno gli ostaggi per usarli come scudi umani.


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La decisione di Netanyahu (che ieri si è paragonato a Charlie Kirk) è arrivata al termine del viaggio di Rubio in Israele, dove il Segretario di Stato Usa ha dato sostanziale via libera all’annessione della Cisgiordania, e alla conclusione della frustrante riunione dei Paesi arabi e islamici, che secondo un copione collaudato – commenta con IlSussidiario Camille Eid, giornalista libanese residente in Italia, collaboratore di Avvenire – si sono indignati senza alcuna conseguenza politica.


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“Nelle prossime 24 ore Israele potrà andare avanti ad attaccare questi Paesi, esattamente come sta avvenendo ora Gaza o avverrà domani per la Cisgiordania” spiega Eid.

Cosa ci riserva quello che sta avvenendo?

Israele procederà alla distruzione di Gaza e alla sua annessione, e per il futuro della Striscia si vedrà.

Qual è stato il senso della missione di Rubio?

Rubio ha espresso la massima solidarietà americana a Israele, ha incoraggiato l’Europa a imporre sanzioni contro l’Iran, ha dichiarato che ogni riconoscimento dello Stato di Palestina allontana dalla soluzione della crisi e rafforza la posizione di Hamas. Ha anche riferito che gli americani hanno ammonito i Paesi intenzionati a riconoscere lo Stato della Palestina che Israele risponderà con un passo unilaterale. Netanyahu ha ribadito questa posizione, prospettando come risposta l’annessione di tutta o parte della Cisgiordania.


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Quindi l’annessione della West Bank è più vicina?

Credo che Rubio sia venuto per parlare proprio di questo. Una settimana fa l’ambasciatore americano in Israele, Mike Huckabee, ha detto che gli Stati Uniti non hanno mai chiesto a Israele di non imporre la sua sovranità sulla West Bank. Significa che l’annessione è possibile. Huckabee è lo stesso che, quando parla di questi territori, non si riferisce alla Cisgiordania, ma alla Giudea e alla Samaria e che descrive il confronto fra israeliani e palestinesi come confronto fra figli della luce e figli delle tenebre, usando espressioni bibliche.

Come commenta invece l’esito del vertice dell’Organizzazione di cooperazione islamica (OIC), che riunisce quasi 60 Paesi?

Palestinesi in fuga nella polvere sollevata dai bombardamenti israeliani. Gaza City, 15 settembre 2025 (Ansa)

Gli interventi dei singoli Paesi hanno descritto alla perfezione la situazione, usando parole dure nei confronti di Israele. In fondo, però, ci sono le parole ma non i fatti. È il solito copione: ogni volta che c’è un incontro della Lega araba o dell’OIC, il vertice condanna, invoca, sollecita, ammonisce, avverte, ma senza arrivare a niente di concreto.

C’è stato però l’annuncio della riattivazione di un meccanismo di difesa comune. Non è abbastanza per rispondere a Israele?

Se il patto di difesa c’è già, cosa vuol dire riattivare? I Paesi del Golfo hanno un accordo di difesa comune e poi ci sono accordi bilaterali, nel mondo arabo come in quello islamico. Cosa vuol dire ammonire Israele e prospettare conseguenze catastrofiche in caso di occupazione di una parte dei territori palestinesi? Quando si indice un vertice straordinario, ci si aspettano decisioni straordinarie, non ordinarie, destinate a rimanere sulla carta. È la prima volta che Israele attacca un Paese come il Qatar, ma si è adottata una risposta simile a quelle concordate in precedenza per Libano e Siria, che non hanno prodotto niente. L’esito del vertice non è all’altezza della situazione.

Cosa ci si poteva aspettare?

Quanto meno un congelamento dei rapporti commerciali, economici, culturali, iniziative dal punto di vista diplomatico. Non è successo niente di tutto questo. Si rimanda tutto ai prossimi giorni promettendo chissà quali decisioni.

Secondo alcuni analisti interpellati da Al Jazeera, i Paesi arabi contro Israele hanno preso ancora meno provvedimenti dell’UE, che già viene criticata per un’azione poco decisa. È così?

L’importo degli armamenti per Israele congelati dalla Spagna arriva a un miliardo di euro. E questo, appunto, solo per la Spagna. La realtà è che molti di questi Paesi hanno bisogno degli americani. Gli USA dominano il loro sistema di sicurezza; l’abbiamo visto in maniera molto sfacciata proprio in occasione dell’attacco a Doha. Il Qatar ospita la base americana più grande nel Medio Oriente, con 11mila soldati americani di stanza vicino alla capitale. Dieci aerei israeliani hanno attraversato lo spazio aereo e nessuno li ha visti? Tutti i miliardi che sono stati spesi per la difesa di questi Paesi a cosa sono serviti? Oppure gli americani, che supervisionano il loro sistema, hanno impedito di vedere quello che stava succedendo.

Trump, però, ha ammonito Israele dicendo che il Qatar è grande amico degli USA e non bisognava attaccarlo. È l’ammissione di un errore da parte di Netanyahu?

Trump ha dichiarato di aver assicurato all’emiro del Qatar che un attacco del genere non si ripeterà più. Poi, però, ha detto a Netanyahu che americani o israeliani, quando attaccano altri Paesi, devono stare attenti, devono farlo in maniera più studiata.

All’ONU il rappresentante diplomatico di Israele ha dichiarato, di fronte al primo ministro del Qatar, che i terroristi non devono avere posti sicuri e che Israele continuerà ad attaccarli e a colpirli a Doha o dovunque si trovino. Il vertice arabo-islamico ha risposto rigettando a parole la minaccia di nuovi attacchi, condannando lo sfollamento dei palestinesi, senza che, però, ci siano vere conseguenze quando Israele oltrepassa la linea rossa. Potevano almeno chiedere a Trump la restituzione dell’aereo che gli era stato regalato in occasione della sua ultima visita nel Golfo.

(Paolo Rossetti)

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Tags: Donald TrumpBenjamin Netanyahu

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