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Home » Esteri » Medio Oriente » ISRAELE-PALESTINA/ Due popoli due Stati, ecco cosa nasconde la beffa di Lapid all’Onu

  • Medio Oriente
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ISRAELE-PALESTINA/ Due popoli due Stati, ecco cosa nasconde la beffa di Lapid all’Onu

Int. Filippo Landi
Pubblicato 24 Settembre 2022
In Palestina (LaPresse)

In Palestina (LaPresse)

Il premier israeliano Lapid ha rilanciato l'idea di uno Stato palestinese e uno Stato israeliano. Ma è un messaggio strumentale

A sorpresa, l’attuale primo ministro israeliano Yair Lapid durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite nell’ambito del suo discorso ha detto esplicitamente che è necessaria la soluzione dei due Stati e due popoli, riportando alla ribalta il vecchio, ma ormai quasi dimenticato, progetto di convivenza tra palestinesi e israeliani. Critiche alle sue parole sono venute ovviamente dal suo rivale Netanyahu, ma anche da membri del suo governo, quelli appartenenti ai partiti di destra.


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“In realtà” ci ha detto in questa intervista Filippo Landi, già corrispondente Rai da Gerusalemme, “lo shock delle sue parole in Israele è stato assorbito nel giro di 24 ore perché sostanzialmente il discorso di Lapid è privo di ogni novità concreta, non si rivolge ai palestinesi. Ha avuto bisogno di ridare a Israele, dopo i recenti avvenimenti, una buona immagine internazionale”.


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Come mai, così all’improvviso, Lapid ha portato di nuovo alla ribalta la questione dei due Stati e dei due popoli? Forse perché si trova in campagna elettorale e pensa di raccogliere consensi?

L’unica vera notizia del suo discorso è che non c’è nessuna nuova notizia.

In che senso?

Prima di lui Netanyahu e Ganz avevano già espresso l’idea politica che il doppio Stato fosse nell’interesse degli israeliani, che non ci fosse un futuro per Israele se ci fosse un solo Stato con all’interno i palestinesi. Anche per un motivo demografico.

Molti politici, anche membri del governo di Lapid, hanno fortemente contestato il suo discorso, lei ritiene che invece sia già tutto dimenticato?


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In Israele quello che tutto il mondo commenta viene percepito come una non notizia. Il motivo è che nelle sue parole Lapid non ha fatto il passo che poteva essere decisivo, cioè riconoscere che esiste un interlocutore politico che è Abbas, il presidente dello stato di Palestina, anche se molto anziano e poco accreditato tra i palestinesi. Un interlocutore con il quale riprendere un dialogo negoziale. Questo punto non l’ha affrontato e questo ha rappresentato una delusione all’interno di quel mondo variegato israeliano che pur crede che il doppio Stato sia una soluzione se non giusta ma perlomeno conveniente.

Ha voluto farsi bello davanti alla platea mondiale?

Non solo. Sicuramente l’immagine di Israele è stata deturpata in questi ultimi mesi da due fatti. Il primo è il bombardamento su Gaza nonostante Hamas e la Jihad avessero impedito ai loro miliziani di lanciare per primi i razzi dopo l’uccisione a Nablus di tre miliziani palestinesi. Questo è stato considerato un fatto politico anche dentro Israele. Il secondo è stato l’omicidio di Warasnah, la giornalista palestinese. Solo dopo molti mesi hanno parzialmente ammesso di aver compiuto un omicidio seppur all’interno di una operazione militare.

La campagna elettorale invece c’entra qualcosa?

I sondaggi dicono che Netanyahu potrebbe vincere, quindi diventa necessario per lui l’appoggio dei partiti arabi, che però non potrebbe realizzarsi neppure come appoggio esterno se non cambia il clima.

Cioè?

La Cisgiordania  fa di nuovo notizia. Fino all’altra notte sono continuati rastrellamenti e omicidi mirati di cui in Europa non si parla. Il clima di odio che c’è in Cisgiordania è cresciuto ed è politicamente rilevante. Investe una opinione pubblica che almeno in Cisgiordania ha messo da parte le divisioni tra Fatah e Hamas. Senza un messaggio utile anche nei riguardi degli arabi palestinesi che sono il 20% della popolazione, in Cisgiordania è impensabile che i partiti arabi appoggino un governo. In questo senso è stato un messaggio elettorale.

Siamo a livello di fantapolitica, ma se davvero si facesse oggi uno Stato palestinese, che territorio occuperebbe? La striscia di Gaza?

È una domanda importante e la risposta è amara. Perfino Trump prevedeva uno Stato palestinese, formato dalla striscia di Gaza unita da una strada alla Cisgiordania. Il vero problema è che cosa rimane ai palestinesi dei territori in Cisgiordania. La difficoltà è ancor più grande negli ultimi anni per colpa di Netanyahu, ma anche del silenzio della sinistra israeliana. I coloni israeliani si sono spostati ogni anno sempre di più e il governo israeliano mantiene e allarga il controllo militare lungo la Valle del Giordano. Sarebbe uno Stato che in nome della sicurezza non cederebbe ai palestinesi neppure il controllo di quella riva del Giordano che storicamente è nei territori palestinesi. Circa mezzo milione di coloni in posizioni dominanti sul territorio, dal punto di vista geografico sono un problema enorme, insieme a quello del controllo militare che viene effettuato.

(Paolo Vites)

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