Italo Calvino/ Da Cuba a Siena vita e opere di uno dei più grandi scrittori di sempre

- Morgan K. Barraco

Italo Calvino, da Cuba a Siena la vita di uno dei più grandi scrittori di sempre che ci regalò opere di raffinatezza e grande cuore.

italo calvino 2019 lapresse 640x300 Italo Calvino (La Presse)

Italo Calvino nasce a Santiago de Las Vegas de La Habana nell’ottobre del 1923 ed è ancora oggi uno dei più grandi scrittori della storia della letteratura italiana. La sua famiglia era originaria del nostro Paese: il padre Mario, un agronomo di Sanremo, si trasferisce trasferito a Cuba, dopo qualche tempo trascorso in Messico, prima di incontrare la futura moglie, Eva Mameli. Quest’ultima, un’insegnante, sceglierà di dare al figlio il nome di Italo proprio perchè non si dimentichi delle sue origini. Lo scrive lo stesso Calvino nella biografia riportata nel 1960, in occasione della pubblicazione del libro Ritratti su misura. “Della mia nascita oltremare conservo solo un complicato dato anagrafico […], un certo bagaglio di memorie e il nome di battesimo che mia madre, prevedendo di farmi crescere in terra straniera, volle darmi perchè non scordassi la patria degli avi, e che invece in patria suonava bellicosamente nazionalista”. Le previsioni della madre però si riveleranno errate: appena due anni dopo la nascita di calvino, Eva e Mario si trasferiscono di nuovo nel Bel Paese. La coppia sceglie di vivere a Sanremo ed è qui che Calvino trascorrere gli anni della sua infanzia. “A quel tempo ancora popolata di vecchi inglesi”, scrive quello stesso anno nella rivista di cultura giovanile Il paradosso, “granduchi russi, gente eccentrica e cosmopolita. E la mia famiglia era piuttosto insolita sia per San Remo sia per l’Italia d’allora: scienziati, adoratori della natura, liberi pensatori”. Negli anni successivi, durante la giovinezza, Calvino riuscirà a formarsi tenendosi alla larga da qualsiasi influenza religiosa. Merito della famiglia, priva di qualsiasi fede, che gli trasmetterà l’attitudine a tollerare il diverso, a confrontarsi sempre con il pensiero altrui.

Italo Calvino, l’ideologia nata in guerra

Sarà la Seconda Guerra Mondiale a permettere a Italo Calvino di prendere un indirizzo preciso in campo ideologico. Anni duri in cui scoprirà l’interesse per la scrittura, evidente nella creazione delle prime poesie, di testi teatrali e brevi racconti. Nel 1941, lo scrittore riuscirà a farsi pubblicare dal Giornale di Genova alcune recensioni di film, fra cui il San Giovanni decollato di Amleto Palermi e con protagonista Totò. L’anno successivo invece tenterà la fortuna con La commedia della gente, un lavoro scritto per il teatro, mentre le sue credenze politiche muteranno in modo importante durante La Resistenza. E’ in questo periodo che lo scrittore, scrivendo nel 1960 a Il Paradosso, una rivista milanese, si definisce anarchico: “Sentivo la necessità di partire da una ‘tabula rasa’ e perciò mi ero definito anarchico […] ma soprattutto sentivo che in quel momento quello che contava era l’azione; e i comunisti erano la forza più attiva e organizzata”.

Si racconterà la vita di Italo Calvino, così come delle sue opere più importanti, come Il visconte dimezzato, scritto di getto nel 1951, ad un anno di distanza dalla morte dell’amico e mentore Cesare Pavese. Fino alla trasformazione avvenuta alla fine di quel decennio, quando Calvino prende parte alla corrente letteraria neoavanguardista e pubblica racconti come La speculazione edilizia e La giornata d’uno scrutatore. Il suo ultimo lavoro sarà Lezione americane, una serie di conferenze realizzate nell’85 in previsione di un intervento all’Università di Harward e che verranno pubblicate postume. Italo Calvino morirà infatti nel settembre di quello stesso anno, a causa delle complicanze di un ictus che lo colpirà mentre si trova in vacanza a Roccamare, in Toscana. Dopo un ricovero iniziale a Grosseto, presso l’ospedale Misericordia, lo scrittore verrà trasferito a Siena per un intervento che, scrive La Repubblica, potrebbe salvargli la vita. Morirà invece a causa di un’emorragia celebrale tredici giorni dopo il primo malore.





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