È già qualche anno che la serie tv "Katla" è disponibile su Netflix, ma non ha forse avuto la giusta attenzione che merita
Le terre fredde e sconfinate – quelle tra l’Europa e il Nord America oggi contese dalle grandi potenze per i cosiddetti “minerali rari” – sono sorvolate ogni giorno da centinaia di voli intercontinentali. Nel 2010, l’Islanda finì sotto i riflettori a causa dell’eruzione del vulcano Eyjafjallajökull, che produsse una nube di cenere talmente imponente da sospendere per diversi giorni i collegamenti aerei in gran parte dell’emisfero settentrionale. Mentre i viaggiatori di mezzo mondo maledicevano l’isola e i vulcani, ben altro fu ovviamente la reazione e lo stato d’animo dei pochi abitanti della fredda isola nel Mar del Nord.
Ispirati da questa vicenda, gli autori della miniserie Katla hanno realizzato un affascinante racconto drammatico che merita di essere visto. L’idea originaria nasce dalla collaborazione tra Baltasar Kormákur e Sigurjón Kjartansson, con la sceneggiatura scritta da Davíð Már Stefánsson e Lilja Sigurðardóttir . Katla è stata pubblicata su Netflix nel 2021 ed è composta da 8 episodi.
Come appassionato della ricca produzione thriller del Nord Europa, ancora non riesco a spiegarmi come sia possibile di essermela persa. Solo grazie all’instancabile lavoro di tanti influencer – un lavoro davvero ineccepibile e non so quanto retribuito – che rovistano nei cataloghi delle piattaforme alla ricerca di produzioni dimenticate, questo ottimo prodotto islandese è tornato alla mia attenzione.
Katla prende il nome dall’omonimo vulcano islandese, la cui attività continua incessantemente, diventando una minaccia che rende praticamente invivibile un’intera area dell’isola. La zona viene così interdetta ai turisti e ai curiosi. Resta una piccola comunità locale che, insieme a un gruppo di studiosi (dislocati in un laboratorio sul ghiacciaio a pochi metri dalla bocca del vulcano), tenta di comprenderne l’evoluzione.
Improvvisamente, però, dalle viscere del vulcano emergono i corpi di persone scomparse o ritenute morte: persone vive e identiche a quelle di cui non si era più saputo nulla. Si tratta di sorelle, figli, mogli che negli anni erano andate via o morti in circostanze particolari. Anche se la felicità di rivedere parenti creduti ormai persi viene rapidamente smantellata da un’altra verità: sono soltanto delle copie, prodotte dal vulcano. Come se esso – si scoprirà generato da un meteorite proveniente chissà da quale galassia – volesse parlare agli abitanti, o meglio, ascoltare ed esaudire le loro coscienze più remote.
È un racconto che scava in profondità nell’animo umano. Ne rivela ogni contraddizione e coglie l’influenza del pensiero sui comportamenti. La nostra difficoltà a comprendere ciò che abbiamo davanti. Gli 8 episodi scorrono veloci e ci guidano prima verso la comprensione di cosa stia realmente accadendo su quell’isola (il thriller), e poi verso l’accettazione del fatto che quel posto è qualcosa di più di una “casa”, ma il luogo dell’anima (il dramma).
Katla è appariscente e spettrale nella sua desolazione: paesaggi grigi, inospitali, ricoperti di cenere, dalle tonalità quasi marziane. Il cast è composto da bravissimi attori islandesi, ovviamente sconosciuti. La fotografia è di una bellezza ipnotica. Alla fine, tutto sembra contribuire a fare di quell’ambiente ostile, sospeso tra bellezza e desolazione, un luogo come un altro in cui, sembra assurdo, ma è possibile vivere.
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