Usciva ottant’anni fa in Italia, con alcuni mesi di ritardo rispetto agli Usa, I figli del deserto, commediola slapstick negli anni divenuta film culto della celeberrima coppia comica Stan Laurel & Oliver Hardy, conosciuti da noi con l’appellativo – un po’ scemo in verità – di Stanlio e Ollio, datogli dai distributori italiani all’epoca dei primi corti sonori, quando (per il mercato europeo) giravano lo stesso film più volte, recitando in diverse lingue senza conoscerle, dando così origine – in italiano – a quel peculiare accento che poi manterranno anche i loro bravissimi doppiatori, tra i quali ricordiamo Alberto Sordi, la voce italiana di Oliver Hardy.
Il film va considerato a buon diritto uno dei titoli di punta nella munita filmografia dei due comici, per diverse ragioni. Primo: perché è effettivamente, per sceneggiatura, recitazione e situazioni comiche visive, giochi di parole e canzoncina apposita cantata live da Ollio (“Honolulu Baby”), uno dei migliori lungometraggi della coppia. Secondo: il loro particolare approccio al giocattolo cinema, che li vede impegnati con il loro vero nome, personaggi di storie ma anche se stessi sempre (caso quasi unico nella storia del cinema), raggiunge l’apice nell’inventarsi un club fittizio – dallo scopo non meglio identificato a uso del soggetto del film, che poi diverrà un vero club a livello planetario, quello dei loro numerosissimi fan. Terzo e non ultimo: l’immagine di loro due insieme riempie lo schermo come non mai in Sons of the Desert, diventando di diritto una vera icona del ‘900, sullo stesso piano delle immagini – per dirne solo alcune – dei Beatles, del Presidente Kennedy, di Miky Mouse o di Marylin. Tutti eroi del media che distingue il XX Secolo dalle epoche precedenti.
Nel 1934 Laurel & Hardy hanno, rispettivamente, 45 e 42 anni e sono all’apice della carriera. Formano stabile coppia dalla comica Duck Soup del 1927, spadroneggiano alla corte del grande produttore e loro pigmalione Hal Roach. Per questo film, come usuale nella fase sonora, rielaborano il soggetto di un vecchio cortometraggio muto (We Fawn Down, 1928) e costruiscono una divertente commedia slapstick, compatta e ben ritmata, su uno dei temi fondamentali della loro comicità, cioè il matrimonio come prigione da cui scappare. Infatti, i due sono sposati e schiavizzati dalle mogli, contrariamente a quanto Ollio voglia far credere all’amico. Affiliati a un club vagamente massonico – i Figli del Deserto, appunto – giurano, nella scena iniziale, di recarsi a Chicago per il raduno annuale.
Sicuri di non ottenere il permesso dalle rispettive mogli, ideano un piano dei loro. Ollio si finge malato, e il medico, che è d’accordo, prescrive un viaggio a Honolulu. Stanlio, ovviamente, si offre di accompagnarlo. Le mogli ci cascano, fino a che non vedono in un cinegiornale la notizia del raduno annuale dei Figli del Deserto, con le simpatiche facce di Stan e Ollie in prima fila. Nel frattempo la nave che rientra da Honolulu naufraga, costringendoli a raccontare un mare di bugie al ritorno a casa. Finirà benino per Stan e male, ovviamente, per Ollie.
Il matrimonio come prigione, tema centrale di molti dei loro lavori, come detto. Ma se per le comiche mute esso era per lo più uno spunto, una costrizione fisica e scenica da cui far scaturire mirabolanti gag visive – il vero motore della loro arte – per i lungometraggi sonori l’intera faccenda si amplia, e va rimodellata secondo ritmi più pacati. Il tramonto della comica muta di due bobine (venti minuti al massimo) non fu per Laurel & Hardy, a differenza di altri attori comici, un trauma insanabile. Il distacco dalla furia distruttrice – di scenografie, ma costruttrice di linguaggio cinematografico – delle slapstick, inevitabile con l’avvento del sonoro, li proiettò verso una comicità spendibile in contemporanea su più registri (corporeo, spaziale e verbale), alla quale seppero adattarsi con intelligenza.
Mai accreditati come registi dei propri film, diretti principalmente da tecnici amici di Stan sin dai suoi esordi alle dipendenze di Hal Roach – primi anni Venti – come Leo McCarey e James Perrot (fratello del comico Charlie Chase), Laurel & Hardy si devono invero considerare autori in pieno delle loro pellicole, soprattutto Stan Laurel, che ideava le gag, sceglieva i comprimari, controllava ogni fase delle riprese e del montaggio, e in un certo senso dirigeva i propri stessi registi. Nei migliori lungometraggi, sono stati in grado, come nessun altro comico proveniente dal muto, di far sì che la commedia americana si adattasse al loro mondo, riuscendo a inserirvi le gag anarchiche dei primi tempi in modo che avessero anche un ruolo nella storia del film, coniugando la loro forza visiva con la continuità dello script.
Attori nati come pochi altri, Stan Laurel & Oliver Hardy parteciparono a tutte le fasi del cinema comico americano, dalle sue origini fino all’inizio della Seconda guerra mondiale, dal 1927 in poi come coppia indissolubile. Rimasero all’apice della popolarità per oltre un decennio, intoccabili nella loro libertà creativa. In questo senso, gli unici accostamenti possibili sono quelli con altri due mostri sacri come Buster Keaton e Charlie Chaplin, di certo per la comune abilità di essersi inventati dal nulla con grande coraggio e creatività, e forse soprattutto per la bellezza così cinematografica della loro immagine, che rimarrà ancora a lungo nella memoria mediatico-collettiva, così come nel cuore di milioni e milioni di spettatori.