La rivoluzione digitale ha cambiato il contesto di apprendimento e la didattica della formazione aziendale non può più rimanere quella dell’epoca industriale. Questa rivoluzione coinvolge l’intera società perché, finita l’epoca della separazione tra una prima parte della vita dedicata allo studio e una seconda dedicata al lavoro, siamo entrati nell’epoca in cui la prima fase di studio getta le basi di un apprendimento che dovrà proseguire per tutto l’arco della vita.
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Alla base della nuova didattica della formazione aziendale vi è la consapevolezza che l’apprendimento non sarà più cumulativo, come nel passato, quando ogni nuova conoscenza ed esperienza si sommava alle precedenti e valorizzava il curriculum delle persone. In una società che procede per accelerazioni, salti, rotture e cambiamenti radicali, infatti, ci troviamo di fronte alla necessità di attivare rapidi apprendimenti di mondi nuovi e sconosciuti. Disapprendere, per lasciare alle spalle credenze, abitudini e modelli consolidati dall’esperienza, è allora una delle nuove abilità da apprendere per acquisire l’agilità e la velocità necessarie.
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La crisi che sta vivendo il mondo tradizionale della formazione è strettamente connessa a un’autorità basata prevalentemente sul potere della conoscenza, potere venuto meno nel mondo digitale dove le informazioni sono sovrabbondanti, gratuite, presenti in diversi momenti, formali e non formali, della vita aziendale.
Siamo ormai pienamente immersi in quella che possiamo definire “didattica della coesistenza”, dove convivono attività tradizionali e attività fortemente innovative. Il riconoscimento del formatore aziendale si basa sempre meno sul potere della conoscenza e sempre di più sul potere del metodo, sulla capacità di formare i learner all’auto-apprendimento e sul muoversi in autonomia tra le mille opportunità di sapere presenti dentro e fuori l’organizzazione.
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Ecco, dunque, l’esigenza di una nuova figura di formatore sempre più socratico. Più che trasmettere nozioni, largamente disponibili e spesso diffuse in un sapere implicito, ha il ruolo di avviare i processi alla base dell’apprendimento e di valorizzare e favorire l’emergere di nuova conoscenza. Al nuovo formatore spetta quindi lo sguardo distante e la capacità di aggregare ciò che emerge in modo non strutturato e non organico dalle pratiche. A lui il compito di fornire il metodo per la ricerca di soluzioni che aprano la strada all’innovazione.
Il formatore dovrà quindi trasformarsi da erogatore di contenuti, pacchetti e cataloghi, in regista di processi di apprendimento e di condivisione della conoscenza, architetto di ambienti virtuali, animatore e regolatore delle dinamiche delle community di apprendimento. In sintesi, dovrà sempre più aiutare le persone a riconoscere il proprio stile di apprendimento, a definire il proprio obiettivo di sviluppo e soprattutto allenare ogni persona dell’azienda a definire un piano di apprendimento personalizzato.
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