Il Ministro Tremonti si dice pronto a varare una carta di credito del valore di 400 euro annui, indirizzata a 1,2 milioni di persone (probabilmente pensionati al minimo, secondo le prime indicazioni provenienti dal ministero) e finalizzata all’acquisto di prodotti alimentari a prezzo ridotto presso catene alimentari convenzionate.
Nel caso italiano l’obiettivo dichiarato di questa misura sembra essere, come detto, il pensionato sotto la soglia di povertà. La domanda che ci si può porre è se i limiti di una proposta di questo tipo non siano superiori ai potenziali vantaggi.
A fronte di un assai limitato beneficio in termini di potere d’acquisto (poco più di 33 euro al mese su beni scontati alla fonte del 10%), il sistema proposto da Tremonti rischia di esporre la persona a un’indebita stigmatizzazione sociale: una carta di credito appositamente creata con lo scopo di sostenere i consumi alimentari è infatti riconoscibile, ancorché anonima, se utilizzabile soltanto da uno specifico gruppo sociale e per i soli acquisti alimentari.
Se davvero si intende sostenere il potere di acquisto dei pensionati in difficoltà, le vie sono altre. La principale non può che essere collegata all’aumento del valore delle pensioni minime: è probabile che i 400 euro promessi da Tremonti verrebbero accolti con maggior soddisfazione dai beneficiari se erogati direttamente con la pensione.
Su un secondo versante, vi è poi la possibilità che il Governo negozi con la grande distribuzione panieri di beni essenziali a prezzo bloccato per periodi di tempo definiti, secondo un modello già sperimentato (e con buoni risultati) dalla Regione Lombardia. Eventualmente sfruttando lo strumento delle “carte fedeltà” distribuite correntemente dai supermercati, per agevolare il riconoscimento degli aventi diritto senza determinare effetti stigmatizzanti.