Va dato atto ai gruppi parlamentari d’aver, sin qui, mostrato una certa dedizione alla causa; fosse stato per la Fornero, la vicenda sarebbe stata insabbiata. Senza il pressing parlamentare dei tre principali partiti, il ministro non avrebbe, probabilmente, neppure ammesso l’esistenza degli esodati. Pochi giorni fa, a riprova delle sua scarsa percezione del problema, a chi le chiedeva se, effettivamente, fossero almeno ancora 140mila le persone da tutelare (in procinto di restare senza lavoro e senza pensione per gli errori contenuti nella sua riforma), ha risposto: «Non mi risulta, chiedete all’Inps». E’ stato chiesto all’Inps, il quale ne ha confermato l’esistenza. Ricapitolando: circa 140mila sono stati salvaguardati attraverso tre provvedimenti adottati dal Parlamento. Ne restano, più o meno, altrettanti. Abbiamo chiesto a Michele Scandroglio, onorevole del Pdl in commissione Lavoro, come intenda comportarsi il suo partito, in merito alla questione, nella prossima legislatura.
Quali sono, secondo lei, le priorità?
Tanto per cominciare, vorremmo finalmente sapere la verità rispetto alle cifre; a oggi, il balletto dei numeri provocato della Fornero ci ha messo nell’impossibilità di dare una risposta definitiva al problema. Il modificarsi continuo della platea di meritevoli di tutele ha fatto sì che qualunque soluzione rappresentasse un semplice pannicello caldo.
Quindi?
Oltre a sapere quanti sono gli esodati, è necessario comprendere a quali categorie effettivamente appartengano; ancora, per esempio, non conosciamo l’entità di quanti hanno sottoscritto degli accordi individuali, né se vi siano alcuni che, in realtà, le tutele non le meritino. Non escludiamo, inoltre, l’ipotesi di consentire a qualcuno di tornare in servizio per uno o due anni. Si dovrà operare, infatti, compatibilmente con i conti che lascerà questo governo. Laddove non si potesse procedere con le deroghe, permettendo loro di andare in pensione con le norme precedenti alla riforma della disciplina, occorrerà individuare soluzioni alternative.
Come pensate di agire?
Riteniamo che il fondo di solidarietà istituito con l’ultima Legge di stabilità sia, in virtù della sua capacità di calamitare risorse e risparmi non previsti, lo strumento principale. Non dimentichiamo, in ogni caso, che la definizione è impropria: gli esodati sono persone che rischiano di trovarsi senza reddito da pensione o da lavoro per un errore del ministro che, elevando radicalmente l’età pensionabile, non si curò di quanti avevano stipulato con le proprie aziende un accordo di uscita anticipata da lavoro. Nei confronti di costoro, quindi, non è richiesto un atto di “solidarietà”, quanto, piuttosto, di giustizia.
Lei ha firmato un disegno di legge che propone l’innalzamento delle imposte sul gioco d’azzardo per finanziare questo fondo di solidarietà. Che fine ha fatto?
Finalmente è entrata nella dialettica politica l’ipotesi di tassare ulteriormente tutto ciò che ha a che fare con l’azzardo. Che, ci tengo a sottolinearlo, non è un “gioco”, termine che gli conferirebbe una chiave di lettura sbagliata. Chiunque gira per i bar di questo Paese trova anziani, giovani, o disoccupati che buttano decine di euro nelle macchinette. Si tratta di una miniera senza fondo che va aggredita. La ludopatia, infatti, è un problema di entità ormai analogo a quello delle droghe. E chi, normalmente, ne viene colpito è proprio chi non può permetterselo, chi ha bisogno di soldi e si convince di poter risolvere i propri problemi infilando un gettone nella slot.
Tassiamo. E poi?
E poi, con le risorse ottenute dalla tassazione aggiuntiva sull’azzardo, salvaguardiamo senza problemi tutti gli esodati. Si dice che così, diminuirà il gettito proveniente dall’azzardo: tanto meglio, vuol dire che ci saranno meno persone affette da ludopatia.
Nell’ultima fase di questa legislatura, gran parte delle proposte del Parlamento sono state ostacolate dai funzionari dei ministeri e, in particolare, dalla Ragioneria generale dello Stato.
La Ragioneria si è comportata da padrona perché i professori, privi di legittimazione popolare, si sono affidati più alle strutture burocratiche che alle ragioni di chi fa politica, ignorando la necessità di risolvere i problemi incontrando i bisogni. Con il ritorno di un governo politico, è presumibile il ripristino di una situazione di normalità.
(Paolo Nessi)