Quanti sono rimasti senza reddito da pensione o da lavoro, o sono in procinto di trovarsi in tale situazione, riversano nelle prossime elezioni tutte le speranze di un ritorno alla normalità. La Rete dei Comitati degli Esodati, Mobilitati, Titolari di fondi di settore, Contributori volontari, Licenziati e Quindicenni (categorie che, a diverso titolo, sono state penalizzate dalla riforma Fornero), ha scritto a tutti i partiti, chiedendo cosa intendano fare per sanare le ingiustizie della nuova disciplina, e se si impegneranno a farlo nei primi 100 giorni di governo, laddove vincessero le elezioni. «Vogliamo farvi riflettere – scrivono – sul numero impressionante dei cittadini italiani coinvolti e travolti nelle loro vite; basti pensare che a ognuno dei soggetti colpiti corrisponde una famiglia privata di sicurezza economica per numerosi anni: parliamo quindi di oltre un milione di persone, ripetiamo, cittadini dello Stato Italiano che tra poco dovranno esprimere il loro voto e riporre fiducia nei rappresentanti che stanno per scegliere». Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Alessandro Costa, ex dirigente di Telecom e referente di migliaia di esodati.
Per il momento, il Parlamento ne ha salvaguardati circa 140mila. Come giudica le operazioni sin qui condotte?
Le deroghe stanno venendo individuate con estrema difficoltà. Una difficoltà con la quale la politica sembra essersi scontrata esclusivamente nel caso degli esodati. Intendo dire che, mentre è stata prestata un’attenzione eccessiva allo spread economico, è stato praticamente ignorato lo spread sociale che si è determinato, così come sono stati ignorati tutti quegli aspetti che impattano sulla vita delle persone. Non penso che in nessun Paese civilizzato capiti che circa 400mila persone siano lasciate a piedi o che lo Stato si accapigli con i suoi stessi organismi: mi riferisco al fatto che l’Inps, in tempi non sospetti, affermò che gli esodati sarebbero stati più di 390mila, ma ottenne, in tutta risposta, la minaccia della Fornero di decapitarne i vertici.
A questo punto, cosa proponete?
Di riprendere in esame la proposta 5103 della Camera, approvata all’unanimità dalla commissione Lavoro, salvo l’onorevole Cazzola, e che avrebbe consentito a tutti i lavoratori interessati dalle colpevoli penalizzazioni della riforma Fornero di andare in pensione con le norme precedenti alla nuova disciplina. Quell’ipotesi, probabilmente, avrebbe implicato un onore eccessivo, ma avrebbe potuto rappresentare, quantomeno, un’ottima base di partenza per giungere a una soluzione definitiva.
Perché quella legge non andò in porto?
Fu bocciata dal governo.
Cosa vi aspettate dal prossimo?
Un attenzione maggiore. Finora, gran parte dei provvedimenti studiati e condivisi dall’intero Parlamento sono stati ostacolati non solo dall’esecutivo, quanto dagli organismi tecnico-burocratici dei vari ministeri e, in particolare, dalla Ragioneria generale dello Stato; la quale, a sua volta, è pur sempre emanazione del ministero dell’Economia e, di conseguenza, è ragionevole supporre che gli indirizzi siano provenuti dal titolare del dicastero. Che, guarda caso, è stato scelto tra i funzionari del ministero stesso. Con il ritorno a un governo che sia realmente espressione del Parlamento e della volontà popolare, si può verosimilmente presumere che la politica tornerà ad orientare le scelte del governo.
Che riscontro ha trovato la vostra lettera?
Per il momento, l’unico che ha inserito nel proprio programma la questione degli esodati, impegnandosi a risolverla, è Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia.
Ingroia afferma che anche Bersani è colpevole della situazione, avendo votato pure lui la riforma delle pensioni.
Tutti hanno qualche colpa; tuttavia, non dimentichiamo che i voti di Bersani sono stati inferiori a quelli del Pdl e che il suo appoggio al governo Monti non è di certo stato convinto come quello dell’Udc.
(Paolo Nessi)