Nella Legge di bilancio ci saranno misure di riforma delle pensioni. Matteo Salvini, parlando in conferenza stampa ieri sera, ha detto che ci sarà “la possibilità di andare in pensione con alcuni anni di anticipo rispetto alla vigliacca riforma Fornero” e questa mattina, ospite di Radio Anch’io, ha specificato che verranno messi sul piatto dai 7 agli 8 miliardi di euro per il 2019. Non è chiaro quali misure ci saranno oltre la Quota 100, che non prevederà però delle penalizzazioni. Secondo quanto scrive nextquotidiano.it, “non ci sarà per ora l’abbassamento a 41 anni come previsto dal contratto di programma”. Il che vorrebbe dire che non si riuscirà a dar vita alla Quota 41, anche se si riuscirebbe a bloccare l’aumento del requisito contributivo per accedere alla pensione a 42 anni e 10 mesi (41 anni e 10 mesi per le donne).
IL REBUS SU QUOTA 41
Potrebbero esserci della novità sul fronte della riforma delle pensioni. Il Governo, infatti, sta continuando a mettere a punto le misure da inserire nella Legge di bilancio. E se sembra assodato che Quota 100 passerà ma con due paletti (62 anni di età e 38 di contributi), “l’accesso alla pensione prima dei 62 anni sarebbe garantito ai lavoratori precoci con 41 anni di contribuzione e a chi ha maturato 41 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne) utilizzando lo stop all’aumento dell’aspettativa di vita per la pensione anticipata previsto nel 2019 e che avrebbe innalzato questo requisito di 5 mesi. In ogni caso non verrebbe bloccato l’adeguamento automatico all’aspettativa per le pensioni di vecchiaia”. Parole, queste, riportate da Il Sole 24 Ore, che sembrano far emergere la possibilità che Quota 100 nel tempo possa cambiare requisiti (verso l’alto), ma che non chiariscono se basteranno 41 anni di contributi per andare in pensione e a quali condizioni.
TRIA CRITICA LA LEGGE FORNERO
Se Confindustria difende l’attuale sistema pensionistico, spiegando che non vanno smontate le riforme delle pensioni che hanno reso la spesa previdenziale sostenibile, Giovanni Tria, ospite proprio alla presentazione del rapporto del Centro Studi di Confindustria, ha detto che “bisogna intervenire sulla transizione della riforma Fornero, che da un alto stabilisce la stabilità nel lungo periodo, ma nel breve ha impedito alle imprese un fisiologico turnover per innovare le competenze”. Di fatto le parole riportate da Lapresse riportano un concetto che il ministro dell’Economia aveva espresso nelle scorse settimane, ancor prima che alcune fonti giornalistiche riportassero la notizia di una sua ferma opposizione alla riforma delle pensioni che Lega e Movimento 5 Stelle vogliono inserire nella Legge di bilancio. Una notizia che non trova pieno riscontro in queste dichiarazioni di Tria.
DAMIANO PRONTO A PIATTAFORMA LABURISTA
Cesare Damiano ha annunciato all’Agi che sabato prossimo presenterà la sua piattaforma laburista per il congresso del Pd. L’ex ministro del Lavoro ha spiegato che vorrebbe che fosse rappresentata chiaramente un’idea di sinistra nel partito. E ha citato anche interventi importanti, come quello di riforma delle pensioni. “Serve un’azione di vera discontinuità rispetto al passato. Sono per il superamento dell’idea del partito leggero, è necessario un partito radicato. Sono per il superamento del Jobs Act e della legge Fornero, ma non come vogliono i gialloverdi che portano avanti piani peggiorativi per i lavoratori. Sulle pensioni occorre introdurre un principio di flessibilità mentre sul lavoro serve restituire ai lavoratori una vera tutela in caso di licenziamento illegittimo”, sono state le parole di Damiano per anticipare i punti principale di quella che sarà la sua piattaforma.
CONFINDUSTRIA CONTRO QUOTA 100
Il Centro Studi Confindustria chiede di “evitare passi indietro pericolosi rispetto a quel processo di riforma del sistema pensionistico in atto dal 1992 che ha reso la spesa previdenziale Italia sostenibile nonostante l’invecchiamento della popolazione e ha fatto guadagnare credibilità al Paese”. Questo per far sì che non occorra aumentare il costo del lavoro. Sarebbe infatti necessario, secondo gli economisti di viale dell’Astronomia, “non smontare le riforme pensionistiche perché ciò renderebbe necessario aumentare il prelievo contributivo sul lavoro. Se il meccanismo di ’quota 100’, per permettere l’anticipo della pensione, venisse introdotto, si andrebbe invece nella direzione opposta”. Parole che ribadiscono quindi la contrarietà di Confindustria alla riforma delle pensioni, anche se, secondo gli esponenti della maggioranza, stimolerebbe un turnover generazionale nelle imprese.
L’OPPORTUNITÀ PER I GIOVANI DELLA PREVIDENZA INTEGRATIVA
Mentre si continua a discutere di riforma delle pensioni, Gianluca Perra, responsabile di agenzia di Alleanza assicurazioni, ha ricordato che “la previdenza integrativa è un tema che dovrebbe interessare molto i giovani, sia rispetto alla possibilità di costruirsi una pensione futura, ma soprattutto come occasione di lavoro perché attualmente è un settore in grande sviluppo”. Le dichiarazioni vengono riportate da varesenews.it e Perra ha anche evidenziato che “il tasso di adesione dei giovani a queste forme di previdenza è poco più del 20%, ben al di sotto della media europea, questo significa che c’è ancora molto spazio su cui lavorare. Oggi abbiamo bisogno di formare consulenti assicurativi secondo le nuove tendenze che stanno cambiando il settore, a partire dalla digitalizzazione. Ci sono dunque prospettive interessanti per chi vuole lavorare nella previdenza complementare”.
RIFORMA PENSIONI, LE RICHIESTE DELL’ANIEF
La riforma delle pensioni che il Governo intende mettere a punto dovrebbe dare la possibilità, attraverso Quota 100, di consentire l’uscita dal lavoro per almeno 400.000 italiani nel 2019. L’Anief evidenzia che così vi sarebbe un importante ricambio generazionale, soprattutto nel mondo della scuola. Secondo Marcello Pacifico, Presidente nazionale Anief, occorrerebbe anche pensare, per il comparto scolastico “a ulteriori finestre pensionistiche, oltre alla possibilità dopo 30 anni di insegnamento di poter svolgere altre funzioni rispetto alla didattica frontale: la professione, infatti, è altamente stressante e a rischio burnout e lo sanno bene gli altri Paesi d’Europa, dove si lascia in media la cattedra a 63 anni, con Francia e Germania che offrono la possibilità di andare in pensione tra i 25 e i 27 anni di insegnamento e senza penalizzazione alcuna sull’assegno di quiescenza”.
L’attenzione però resta comunque sulla Legge di bilancio che il Governo dovrà mettere a punto, dopo aver stabilito che il deficit/Pil arriverà al 2,4%. Se oltre alla Quota 100 vi sarà anche il blocco dell’aspettativa di vita, consentendo così di poter accedere alla pensione anche con 42 anni e 10 mesi di contributi versati (41 anni e 10 mesi per l donne), il numero di lavoratori che potrebbe andare in quiescenza aumenterebbe, anche nel mondo della scuola. Ovviamente bisognerà poi procedere a nuove assunzioni per far sì che non ci siano problemi nel funzionamento delle scuole. Il Governo dovrà quindi tenere conto anche di questo aspetto nei prossimi mesi.