Dopo che il vice-premier Luigi Di Maio l’aveva preannunciato qualche giorno fa e nelle ultime ore è arrivata la conferma da parte del Ministro per i Rapporti col Parlamento, Riccardo Fraccaro, che in una intervista a Sky Tg24 ha spiegato che il cosiddetto Decreto Dignità, uno dei primi provvedimenti di peso voluti dalla maggioranza M5S, dovrebbe essere emanato “entro lunedì sera senza molti problemi”. Infatti, come è noto, il decreto fa riferimento non solo alla semplificazione burocratica per le imprese e alla lotta alla precarietà (riduzione dei contratti a tempo e nuove garanzie per i lavoratori) ma anche l’abolizione delle pubblicità dei giochi d’azzardo online. A proposito dell’introduzione del reddito di cittadinanza, uno dei capisaldi della campagna elettorale grillina, Fraccaro è entrato nella questione dopo che in giornata c’era stata la frenata da parte del Ministro dell’Economia, Giovanni Tria, auspicando che dovrebbe arrivare entro il 2018 “ma sicuramente nel 2010” e legando la sua realizzazione all’utilizzo di fondi provenienti dalla Ue. (Agg. di R. G. Flore)
MANOVRA LEGA-M5S ‘POVERA’
Prima il Decreto Dignità, poi Reddito di Cittadinanza e Flat Tax? I dubbi nella maggioranza, specie nel M5s, si fanno sempre più ingenti vedendo come il Ministro dell’Economia Giovanni Tria sta gestendo i primi nodi politici del Governo gialloverde. I cordoni cuciti della borsa al Mef fanno pensare male a Di Maio e Salvini che iniziano a ritenere il ruolo di Tria molto “scomodo” per le loro promesse elettorali: in molti sono agitati nella maggioranza e ritengono il Ministro troppo “simile” a Padoan e poco incline a tutte le novità lanciate dal Contratto di Governo. La manovra di Tria in autunno potrebbe dunque essere, come dice oggi Claudio Tito su Repubblica, molto “povera” e concedere assai poco ai “sogni elettorali” del Governo gialloverde. Dopo lo stop per mancanze di coperture – e lo slittamento alle prossime settimane – del Decreto Dignità (con tutte le possibili clausole politiche che potrebbero aver consigliato così Tria e la Lega, leggasi qui sotto) il Ministro del Lavoro rassicura comunque i propri elettori nell’intervista di oggi all’Avvenire: «Il reddito di cittadinanza è una misura attiva destinata ai cittadini italiani. Lo faremo subito, le coperture ci sono e saranno inserite nella prossima legge di Bilancio». Ma la maggioranza, trema…
TRIA E LEGA “STOPPANO” IL DECRETO DIGNITÀ
Un caso politico, forse il primo vero all’orizzonte per il Governo Lega-M5s finora uniti su quasi tutto senza particolari screzi interni: il Ministro dell’Economia Giovanni Tria ha detto “stop” al Decreto Dignità ideato e lanciato da Di Maio in vista del Consiglio dei Ministri di ieri (qui tutti i dettagli dei contenuti, ndr). In prima battuta, il motivo è legato ad un possibile problema tecnico di coperture da sistemare e indirizzare verso la prossima Finanziaria: o almeno, così minimizzava ieri Luigi Di Maio, ma il motivo potrebbe essere alquanto più profondo e radicato in una distanza con i compagni di Governo del Carroccio. Il Decreto Dignità, osteggiato dagli imprenditori e molto poco gradito dalla stessa Lega, viene dunque stoppato dal Mef sotto l’assenso del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. Ieri nell’ordine del giorno è sparito il provvedimento e i più maligni hanno pensato ad una frattura interna alla maggioranza con la “scusa” delle coperture che coprirebbero i contenuti stessi di un Decreto Dignità che eliminerebbe le parti positive del Job’s Act e costringerebbe le aziende a dover assumere di fatto tutti i precari.
MEF, “MANCANO LE COPERTURE”
Pubblicità del gioco d’azzardo; regole per le assunzioni; abolizione di molte misure fiscali di lotta all’evasione; tassa sulle delocalizzazioni: di tutto questo è riempito il Decreto grillino, ma Di Maio dopo lo stop di Tria minimizza «ta facendo il giro delle Sette Chiese, tra bollinature e cose che sto scoprendo solo adesso, ma il testo è pronto. Deve essere solo vidimato dai mille e uno organi di questo paese». In realtà, spifferano le fonti parlamentari al Secolo XIX e alla Stampa, è Tria con la Lega che non sono d’accordo sulle modalità stesse del Decreto: «A cominciare dall’abolizione dell’obbligo dello split payment , un meccanismo tributario mirato a contrastare l’evasione del pagamento dell’Iva quando si ha a che fare con la pubblica amministrazione». Se Di Maio e la sua squadra parlano solo di problemi tecnici, a non convincere Salvini è la volontà dei grillini di ridurre il grado di flessibilità e precarietà del mercato del Lavoro a dispetto di un calo improvviso dei “lavoretti” che specie tra i giovani permettono di guadagnare qualche soldo durante gli studi o i primi anni di carriere. Non solo, la Lega pesca molto tra i voti delle piccole medie e imprese e non vorrebbe che il Decreto Dignità “rovinasse” questo fascino reciproco alimentando maree di polemiche contro il Governo: Tria avrebbe fatto da “sparring partner” di Salvini bloccando tutto e ponendo altra cautela come fatto sul Reddito di Cittadinanza, altro punto che Di Maio teme alquanto in vista delle vere battaglie di paternità M5s.