Se è vero che la grande crisi del 2009 è stata, pur se a fatica, ormai superata, è altrettanto vero che i problemi dell’economia globale non sono per nulla diminuiti, anzi per molte ragioni sono anche aumentati. Ma la crisi non è stata, come si è affermato, un fallimento del mercato: anzi il mercato ha funzionato benissimo, perché la crisi non è stata altro che un modo per rimettere in equilibrio e per ridare il giusto peso a fattori che in equilibrio non erano più: i debiti senza speranza di restituzione, gli strumenti finanziari tutt’altro che trasparenti, le banche (americane soprattutto) impegnate a scambiarsi figurine con valori sempre più alti.
Il mercato ha funzionato, ma i costi sociali sono stati altissimi. Con una disoccupazione sempre più difficile da riassorbire, con disuguaglianze sempre più ampie, con la crescita delle difficoltà per i giovani di trovare un posto di lavoro. Il vero problema tuttavia è che dalla crisi si è usciti attraverso soluzioni che hanno dato un sollievo temporaneo, ma che nello stesso non hanno per nulla intaccato il carattere strutturale dei problemi. Si sono curati i sintomi, si è evitato che l’infezione dilagasse, ma la malattia è ancora ben lungi dall’essere debellata.
Lo spiega molto bene Stefano Cingolani nel suo “Bolle, balle & sfere di cristallo” (Ed. Bompiani, pagg. 360, € 18,90), un libro in cui si passano in rassegna gli avvenimenti degli ultimi cinque anni con un unico filo conduttore: la realtà è molto più complessa di come ci è stata descritta, soprattutto perché gli interessi in gioco riescono a nascondersi molto bene e stanno cercando di nuovo di comportarsi in modo da continuare a far pagare ad altri il conto dei loro rischi.
E allora dobbiamo chiederci se è proprio vero che le medicine utilizzate per superare l’ultima crisi sono veramente la benzina sul fuoco della crisi che verrà. Per molti aspetti c’è da crederlo e Cingolani lo mette in evidenza. Troppe cose non sono cambiate dopo la crisi. Le banche non sono state ripulite dai titoli tossici e continuano ad avere un patrimonio insufficiente rispetto alla loro esposizione. Gli squilibri fondamentali si sono ampliati: i deficit gemelli americani (quello del bilancio pubblico e quello della bilancia dei pagamenti) non hanno fatto altro che salire. Le monete continuano a essere dominate dal dollaro. Non sono stati affrontati i nodi dell’energia, dell’ambiente, del sottosviluppo e della fame in vaste aree del mondo come l’Africa.
Ma nello stesso tempo non bisogna dimenticare come nella dinamica dell’umanità molti grandi problemi sono stati avviati a soluzione e come nei decenni passati si sia arrivati a livelli di benessere sociale e di libertà mai visti prima. I progressi scientifici e tecnologici possono riservarci grandi novità: la rivoluzione di internet è solo agli inizi e la crescita della rete, che ormai coinvolge quasi due miliardi di persone, non si è fermata nemmeno nei mesi più complessi della crisi. Ma occorre una politica alta, capace di ragionare su grandi obiettivi e di trasmettere grandi ambizioni. “Occore – scrive Cingolani – un’operazione culturale e politica per canalizzare ricchezze, investimenti e ricerca in settori destinati a guidare la crescita e il progresso”. Per ora la politica, non solo la disarmante politica italiana, sembra “parlare d’altro”.