È come se tutti fossero occupati a guardare il termometro che scende sotto zero e nessuno si preoccupa di mettersi un cappello in testa. In questo periodo di convulsioni politiche la domanda più ricorrente continua a essere quella su quando finirà la crisi. E gli esperti in previsioni continuano a spostare in avanti la data in cui si potrà vedere un segno più sugli indici della produzione o del Prodotto interno lordo. Ma anche con il “più” la ripresa potrebbe essere un’illusione, prima di tutto perché ci vorranno comunque alcuni anni, se tutto andrà bene, per recuperare il terreno perduto, e poi perché i fondamentali dell’economia saranno diversi dal passato con una sempre più forte incidenza di fattori fondamentali come la globalizzazione, l’innovazione tecnologica, l’invecchiamento della popolazione in Europa, ma soprattutto in Italia.
L’analisi del XVII rapporto sull’economia globale e l’Italia (Sull’asse di equilibrio, ed. Guerini e associati, pagg. 190, € 22,50) appare sotto questo profilo di una chiarezza disarmante. Con in prima fila i segnali contraddittori che arrivano dall’economia, con le incertezze americane e il rallentamento, pur all’interno di una crescita che resta vigorosa, dei paesi emergenti. Quest’ultimi restano peraltro uno dei pochi fattori di traino del resto del mondo.
Nella parte dedicata all’Italia, il rapporto si concede quella che solo a prima vista potrebbe sembrare una divagazione letteraria. Viene citata infatti una novella scritta nel 1922 da Luigi Pirandello, intitolata “Le sorprese della scienza”, e giudicata “la migliore descrizione dello stato d’animo oggi prevalente in Italia relativamente all’innovazione tecnologica”. In questa novella si racconta della forte opposizione che nel paesino siciliano di Milocca si era sollevata di fronte al progetto di costruire un acquedotto e di collegare il paese alla rete elettrica regionale.
Con applausi scroscianti venne infatti accolto l’intervento di un consigliere comunale in cui si spiegava, “che la dura esperienza in altre città, o signori, ha purtroppo dimostrato che gl’impianti idro-termo-elettrici sono della massima difficoltà e serbano dolorosissime sorprese. Nessuno può far miracoli, e tanto meno, su la base d’un così fatto progetto, potrà farne il Municipio di Milocca”.
Milocca, subito dopo la pubblicazione del racconto di Pirandello, ha cambiato il nome in quello di “Milena” in onore di una figlia del re di allora. Ma la sindrome di Milocca è rimasta intatta, anzi si è diffusa in tutto il Paese. Basti pensare alle opposizioni ai treni ad alta velocità della Torino-Lione, ai continui rinvii per i rigassificatori (che potrebbero essere un forte aiuto a diversificare le fonti energetiche), all’opposizione che accomuna Nord (non tutto peraltro) e Sud sui termovalorizzatori, ai tempi incredibili che si devono spesso attendere per realizzare nuovi insediamenti industriali o commerciali. Rinvio e rinuncia sono due termini che sono emersi con chiarezza anche dall’ultimo rapporto del Censis, rinvio e rinuncia come elementi politici, sociali, psicologici che non possono che avere alla fine una ripercussione sull’andamento dell’economia.
La frenata dei consumi, come sottolinea lo stesso rapporto del Centro Einaudi, non è infatti dovuta solo alle difficoltà economiche, peraltro reali e sempre più pesanti, ma anche alla preoccupazione verso il futuro e alla diffusa convinzione che rinviare l’acquisto di un’automobile o la sostituzione di un frigorifero sia un modo responsabile di partecipare a un momento di crisi. Ma in questo modo aggravando la crisi invece che facilitarne la soluzione. E di fronte a una realtà come questa il compito della politica diventa fondamentale. Anche se non è facile dire come.
Quello che è certo è che la politica dovrebbe almeno cominciare ad andare nella direzione esattamente opposta rispetto a quella che sembra avere imboccato.