La tenuta del mercato del lavoro in Italia (62,4%), così come indicato dall’Istat a fine 2024, svela una verità che si insiste a non voler ammettere. Il deficit demografico e la carenza di talenti assegnano ai lavoratori over 50 un ruolo strategico nel percorso di crescita delle imprese. La transizione digitale affrontata dalle forze produttive dev’essere accompagnata da un processo di upskilling e reskilling di una popolazione lavorativa che rappresenta il 33% della forza lavoro e la cui età media di pensionamento continua a salire oltre i 65 anni.
Investire nell’aggiornamento professionale di così tanti lavoratori è sì una questione etica, ma anche una scelta strategica per il futuro delle organizzazioni. L’Europa, ma ancor più l’Italia, sta affrontando una crisi di domanda di lavoro senza precedenti. All’inverno demografico si affianca un gap di figure professionali adeguatamente qualificate che le imprese non sanno dove andare a recuperare. L’Osservatorio sulla formazione continua ha calcolato che il costo del turnover è significativo. Sostituire un dipendente può costare fino a 1,5 volte il suo stipendio annuale e il tempo per coprire una posizione vacante è mediamente di 5-6 mesi.
Di conseguenza, alle imprese non resta che puntare sui propri collaboratori. Si tratta di professionisti interni, dotati di una conoscenza dell’azienda, destinati a dover rinviare il proprio pensionamento. La valorizzazione di queste figure diventa così inevitabile, ma risulta altrettanto una sfida.
È necessario infatti cambiare la narrazione che vede nel termine “talento” o “high potential” una connotazione anagrafica limitata ai 35-40 anni. I professionisti over 50 rappresentano una sorta di “generazione dimenticata”, un patrimonio prezioso per le aziende, grazie alle qualità acquisite “sul campo”, per esempio resilienza, conoscenza consolidata e capacità di gestire contesti incerti. Tuttavia, i pregiudizi legati all’età spesso limitano lo sviluppo e l’inclusione di questa generazione.
Le aziende hanno oggi a disposizione strumenti digitali avanzati, come la mappatura delle competenze e i percorsi formativi personalizzati e adattivi, che consentono di integrare i lavoratori senior nelle nuove necessità aziendali. Questo approccio non solo aumenta la competitività, ma rafforza anche la resilienza organizzativa in un mercato sempre più complesso. Investire nei professionisti con elevata tenure è un imperativo per rispondere alle sfide del mercato del lavoro e migliorare la performance aziendale. È chiaro che, senza un impegno concreto nel valorizzare questa fascia di lavoratori, si rischia di perdere un capitale umano fondamentale per la stabilità economica e sociale.
È fondamentale che le aziende adottino approcci inclusivi e lungimiranti per costruire una forza lavoro solida, resiliente e pronta ad affrontare le sfide del futuro. Le iniziative di reskilling e upskilling devono essere considerate veri e propri acceleratori di crescita: un investimento strategico per il successo delle organizzazioni nei prossimi decenni. La domanda da porsi è semplice: possiamo davvero permetterci di ignorare questo potenziale?
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